Cronaca locale

L’archeologia del lavoro

Sesto San Giovanni dedica l'autunno alla riscoperta della propria storia. E novembre è un mese particolarmente ricco di appuntamenti, con la rassegna «Domeniche tra arte e industria», il ciclo di visite guidate nei luoghi della città di ieri e di oggi. Dopo un primo percorso nell'area della ex Falck, lo scorso ottobre, saranno coinvolte anche la ex Breda e la ex Marelli, in un'iniziativa che vede come piatto forte la visita a importanti siti di archeologia industriale (prossimi appuntamenti: domenica 16 e domenica 23): un modo intelligente di preservare il passato valorizzandone le tracce nel presente. Disciplina nata in Inghilterra negli anni Cinquanta, l'archeologia industriale ha in Lombardia una delle zone privilegiate a livello europeo, in virtù della precoce industrializzazione e della fitta presenza di aree dismesse. Perlopiù si tratta di siti molto complessi, talvolta imponenti, solo recentemente riconosciuti dal punto di vista culturale. È il caso della Valle Olona: lungo il corso del fiume, senza soluzione di continuità fra Varese e Legnano, si allinearono nei secoli numerose attività manifatturiere a produzione specializzata, che traevano dall’acqua una risorsa essenziale per i cicli produttivi. Una tradizione che comincia già nel Settecento, con l'installazione dei primi mulini ad uso industriale, e che ha il suo apice tra l'Ottocento e la prima metà del secolo scorso. A farla da padrone il tessile, con cotonifici e garzifici, insieme a tintorie, candeggi, stamperie, concerie, cartiere. Con la crisi del comparto, sopraggiunta tra gli anni Sessanta e Settanta, quasi tutte le industrie tessili vennero progressivamente abbandonate, lasciandosi dietro una scia di polemiche e progetti di recupero. Una vicenda emblematica, alle porte di Milano, è quella del cotonificio Muggiani di Rho. Costruito tra il 1902 e il 1904, quattro piani di filatura con torre annessa, l'edificio fu dismesso nel 1963, e ospita oggi un supermercato e un hotel. Spicca la presenza di un piccolo quartiere destinato agli operai e alle loro famiglie. Una peculiarità che trova la sua massima esaltazione nella cittadella di Crespi d'Adda, nel comune di Capriate San Gervasio, oggi importante meta turistica per migliaia di appassionati di archeologia industriale. Sulla sponda orientale dell'Adda, Crespi è dal 1995 nella World Heritage List dell'Unesco. Il villaggio operaio - stupendo per collocazione, complessità e fattezza - fu costruito a partire dal 1877 dalla famiglia Crespi, originaria di Busto Arsizio, che scelse quest'area per una tessitura. L'esperienza lombarda insegna che il degrado non rappresenta l'unica soluzione possibile: a fare scuola, negli anni Novanta, fu il recupero del cotonificio Cantoni di Castellanza, divenuto sede dell'Università Carlo Cattaneo. E anche l'area dei gasometri di Milano Villapizzone ha trovato perfetta integrazione nel polo universitario di Bovisa-Politecnico. Ma altrove va diversamente, e come ogni sito archeologico che si rispetti anche i capannoni dismessi hanno i loro profanatori: in Valle Olona, ad esempio, fiorì per anni un mercato sotterraneo di reperti industriali di ogni genere: relitti di macchinari, mobili e accessori per ufficio, registri contabili e vecchi calcolatori, ad alimentare un collezionismo nostalgico di chiaro gusto «vintage».

E un po' di spirito d'avventura: molti giuravano che una scorreria notturna in un vecchio fabbricone non aveva nulla da invidiare alle campagne egiziane di un Belzoni… Rischi e pericoli inclusi.

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