L’Argentina fa il bis nel calcio Ma rischia di finire bollita

Nell’arsura del mezzogiorno cinese (42º) Messi e compagni battono la Nigeria vendicando Atlanta ’96. Il medico Fifa impone all’arbitro di fermare il gioco due volte per il caldo

La vendetta è un piatto che va servito freddo. E l’Argentina ha atteso 12 anni prima di spadellare l’indigesta pietanza alla Nigeria. L’oro di quattro anni fa, conquistato contro il Paraguay grazie a un gol di Carlitos Tevez, era solo l’antipasto. Ieri bisognava vendicare la sconfitta di Atlanta, quando la Nigeria - infarcita di ragazzini terribili del calibro di Babayaro, West, Okocha, Kanu e Babangida - costrinse la seleccion olimpica al secondo gradino del podio, dopo un rocambolesco 3 a 2 firmato Amuneke a un minuto dalla fine, arbitro Collina.
E allora ecco Lionel Messi, nei panni di un insolito chef, al dodicesimo della ripresa cucinare un pallone a metà campo in mezzo a due maglie verdi - come pochi al mondo sanno fare - e regalare ad Angel Di Maria, ventenne del Benfica, la possibilità di servire il piatto forte della casa: ripartenza fulminea, pallonetto dal limite, gol vittoria e sicura indigestione nigeriana.
Una vendetta servita fredda, surriscaldata solamente dall’assurda decisione del Cio di far disputare la finale allo scoccare del mezzogiorno pechinese. E questa volta, i diritti televisivi non c’azzeccano niente, come invece era successo per le finali del nuoto, spostate al mattino a suon di dollari delle televisioni a stelle e strisce per poter mandare in onda in prima serata nelle case statunitensi le imprese di Michael Phelps: quando Messi and company si sono legati al collo la medaglia più preziosa, in Argentina era notte fonda mentre in Nigeria stava per albeggiare. «Si è giocato in condizioni disumane non si riusciva a respirare, era un caldo davvero insopportabile», le parole con cui Diego Armando Maradona, sugli spalti del «Nido d’uccello», fascicola nel cassetto dell’assurdo la scelta del comitato olimpico: la finale giocata a mezzodì è stata il prezzo da pagare per poter disputare l’incontro nell’avveniristico stadio della capitale, che di sera sarebbe stato occupato per le ultime gare di atletica. Una decisione che ha costretto il direttore di gara, l’ungherese Viktor Kassai, a introdurre due time-out (alla mezz’ora di ogni frazione) per permettere ai ventidue contendenti di dissetarsi e riprendersi un po’ dalla morsa del caldo cinese, ieri a quota 42 gradi: insieme alla rete dell’Argentina, le uniche due vere emozioni di una partita dai forti connotati soporiferi che nemmeno la rete dell’esterno Di Maria riesce a risvegliare: nei minuti finali, senza più nulla da perdere e con una nuova interruzione per il caldo, la squadra africana si getta a testa bassa nell’area avversaria, ma la seleccion tiene botta e conquista la seconda medaglia d’oro consecutiva.
E dopo il triplice fischio, spazio alla gioia. «Sono molto felice per questo titolo, è una gioia immensa - esulta il capitano Juan Roman Riquelme, del Boca Juniors -. Immagino che tutto il mio Paese starà festeggiando. Lo dedichiamo a tutti gli argentini: è troppo bello giocare in nazionale e soprattutto vincere un alloro olimpico, è veramente incredibile».

«Ringrazio il Barcellona - spiega Leo Messi -, per come si è comportato nei miei riguardi, per avermi lasciato venire qui a conquistare questa bella vittoria. Voglio dire grazie anche all’allenatore Pep Guardiola: ha avuto un gesto molto bello nei miei confronti e ora parlerò con lui da campione olimpico a campione olimpico».
La vendetta è servita.

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