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L'«arricchimento» di Bettino Craxi: aver finanziato tante «buone cause» di libertà

Il finanziamento illecito del Psi servì contro lo strapotere di Dc e Pci, ma buona parte fu impiegato a sostenere i dissidenti dell'Est e i combattenti per la libertà. «Non utilizzavamo certo la Banca d'Italia, né rilasciavamo regolare fattura», dice il leader psi nell'ultima intervista

Basta il nome. Pronunci quello di Bettino Craxi, e parte l'opposta cagnara faziosa, tra chi lo difende senza lucidità e chi ne attacca persino la memoria con menzogne belle e buone. Invece basterebbe un po' di onestà intellettuale, per cogliere e accettare ciò che i fatti - e le risultanze processuali - hanno dimostrato. Anzi, che lo stesso leader socialista ammise in Parlamento il 3 luglio del '93: il sistema del finanziamento illecito era prassi comune di tutti i partiti italiani. Nessuno escluso.
Un dato di fatto che porta con sé tutto il corollario di malversazioni e corruzioni che i tribunali hanno fatto bene a punire (quando le prove c'erano). Ma che dire della disonesta ipocrisia dei questurini giustizialisti alla Travaglio - per non parlare di Di Pietro, che è parte in causa - che continuano a confondere le carte facendosi scudo dei titoli di reato, piuttosto che ammettere l'evidenza? Tutti i partiti facevano ricorso al finanziamento illecito. Per ottenerlo, è persino scontato che spesso si sia commesso il reato di corruzione. Non sono due cose diverse, come Travaglio e Flores d'Arcais continuano a sostenere con i loro ragli asinini. C'è una linea di continuità evidente. Da qui si dovrebbe dunque partire, per porre qualche domanda necessaria a una ricostruzione accurata dei fatti di Tangentopoli (senza ancora arrivare al giudizio storico, ben più complesso).
La prima: a chi andava questo denaro? Tutti i partiti avevano la stessa struttura di finanziamento? Si arricchivano i leader politici o si finanziava l'attività del partito?
Nel caso di Craxi, le risposte sono accertate storicamente. Il segretario del Psi non si fidava del suo partito, s'era accorto della presenza di alcuni personaggi dal profilo non certo rassicurante e - errore madornale - aveva creato una linea di finanziamento al di fuori di quella del Psi, condotta dal (defunto) tesoriere Vincenzo Balzamo. La affidò - secondo errore madornale - a personaggi a loro volta poco affidabili, tipo Raggio o Larini.
Dove finì il malloppo? Questa risposta è cruciale. Per quanto riguarda il Psi, buona parte fu spesa da Craxi per la battaglia politica, dunque per fronteggiare lo strapotere di Dc e Pci. Un'altra parte, pur cospicua, finì negli arricchimenti personali di alcuni di questi intermediari (qui Bettino fu «raggirato», sarebbe proprio il caso di dire).
Un'altra parte, anch'essa notevole, è invece finita sicuramente a sostegno di cause internazionali o in aiuto a esuli, dissidenti e perseguitati di altri paesi. Lo racconta lo stesso leader nel video inedito (in vendita da domani con il settimanale Panorama), ma era stato confermato spesso dai diritti interessati, tipo Yasser Arafat.
«Mi sono occupato di molte cause internazionali - dice Craxi nell'intervista realizzata da Luca Josi ad Hammamet (presentata al teatro Capranica di Roma) -. Un grande eroe della democrazia greca oppressa dai colonnelli, Alekos Panagulis, è stato un mio grande amico, in quegli anni della lotta contro la dittatura dei colonnelli greci. Poi è stata la volta della solidarietà concreta, operante ed attiva con i dissidenti cecoslovacchi, così come ho aiutato i dissidenti di altri Paesi dell'Est Europa. E la stessa cosa riguarda l'America Latina, per altri Paesi nei quali erano in corso lotte per la libertà».
Craxi racconta di aver conosciuto Arafat e di aver sostenuto sia la causa spagnola che quella portoghese e conclude: «Abbiamo dato anche a esuli, dissidenti, perseguitati degli altri paesi. Quella è una parte del nostro finanziamento illegale. Evidentemente, nei casi in cui abbiamo dato contributi a dissidenti e partiti, non utilizzavamo certo la Banca d'Italia per trasmettere loro del danaro. Non veniva emessa regolare fattura. Era un gesto fraterno, ed era una partecipazione a delle cause nobili: la libertà, i diritti dell'uomo, contro ogni forma di dittatura e di violenza. E quindi una parte del nostro finanziamento, una parte, si diresse anche verso queste forme di solidarietà internazionale».
È questa una «scriminante», rispetto al codice penale italiano? No, non è previsto che l'aiuto concreto a tante buone cause cancelli il reato commesso. Però in sede storica e morale questa circostanza conta, eccome. I tanti che continuano ad accanirsi sulla tragedia di un grande uomo politico dovrebbero togliersi il cappello.

E chiedere scusa per le deliranti e delinquenziali frottole raccontate in questi anni.

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