L’Authority rilancia: «Rete infrastrutture, ci vuole una società»

Il presidente dell’Authority per le tlc Corrado Calabrò rilancia l’idea di una società veicolo che si occupi delle infrastrutture di base, e apprezza la disponibilità espressa dal presidente della Cassa depositi e prestiti (Cdp), Franco Bassanini, di investire nella nuova infrastruttura. A Capri in un convegno di due giorni organizzato da «Between» sulla banda larga Calabrò ha dunque cercato di smuovere le acque su questo fronte, giudicato cruciale per lo sviluppo del paese. E dato che uno studio ha messo in luce che la velocità di accesso alla rete è quasi sempre inferiore a quanto promesso dai gestori, Calabrò ha cercato di riportare l’attenzione sulla necessità di realizzare una rete di nuova generazione proponendo che l’Autorità possa fare da cabina di regia.
«Mi è sembrato di cogliere intenzioni convergenti degli operatori - ha detto Calabrò - e mi pare importante la disponibilità espressa da Bassanini di fare entrare la Cdp. Non chiudo comunque a nessuna evoluzione. Non voglio mettere paletti agli operatori». La strada per la nuova rete sembra comunque ancora molto accidentata anche se il presidente di Cassa depositi e prestiti, Bassanini, oltre ad ipotizzare un coinvolgimento da parte delle Regioni e di Poste Italiane ha parlato anche di possibili investimenti nelle infrastutture di base per le tlc in Italia anche «di Bank of China con cui abbiamo rapporti - ha detto - e della Bei, se ci saranno progetti validi e sostenibili». Tra sogni e promesse c’è un dato certo: dei 1,4 miliardi stanziati dal piano del sottosegretario alle tlc Paolo Romani per la rete di nuova generazione ancora non si è visto un euro. Lo ha detto l’amministratore delegato di Telecom Franco Bernabè. «La nostra società - ha detto - prosegue con gli investimenti. Condivido comunque l’idea di Bassanini. Di creare una società prevalentemente pubblica che investa nelle infrastrutture passive cioè cavidotti e canaline». In realtà l’idea di realizzare infrastutture in cui tutti possono «mettere» la propria rete non è piaciuta a tutti.
«La rete può essere una sola - ha detto l’ad di Vodafone Paolo Bertoluzzo - e deve essere realizzata dall’operatore dominante e aperta ai concorrenti che possono realizzare i loro servizi. Oppure si può investire tutti insieme in un progetto comune. Realizzare una rete in fibra è comunque conveniente dati gli alti costi di manutenzione di quella in rame». Luigi Gubitosi ad di Wind ha espresso la volontà della sua società di partecipare all’investimento «se si verificano le necessarie condizioni con una cabina di regia nazionale». Mentre Stefano Parisi di Fastweb è d’accordo con l’idea di una società pubblico-privata ma senza le Regioni. Tutti chiedono comunque con forza regole certe ma trovare un punto d’accordo non sarà facile. Basta vedere quanto è accaduto sull’ultima decisione dell’Authority di modificare il sistema di calcolo per l’unbundling ossia del canone all’ingrosso che gli operatori pagano a Telecom.

«Siamo ai limiti dell’assurdo - ha detto Calabrò - da parte degli operatori alternativi ci sono state delle ingiustificate grida d’allarme: mi è sembrato un fuoco preventivo di sbarramento. Gli operatori concorrenti in Italia fruiscono di condizioni molto vantaggiose sul fisso e sul mobile».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica