Massimo for president? No, grazie! Le motivazioni che mi spingono ad aderire al CADA, lanciato su queste colonne da Giordano Bruno Guerri, sono serie, politiche e non personali. E spero che vengano condivise, oltre che dai lettori, dai dirigenti e dai grandi elettori della Casa delle libertà e dellarea laico-riformista. Tra i quali - questo è il mio sentito auspicio - non deve prevalere, nei prossimi giorni, la rassegnazione a unipotesi che, ove si realizzasse, provocherebbe conseguenze molto preoccupanti per la dialettica democratica. Che va, sempre, assicurata dal pluralismo e dalla diversità delle appartenenze politiche dei capi delle istituzioni.
Massimo DAlema sul Colle, dopo il demitiano Prodi a Palazzo Chigi, un ex Dc, Marini, al Senato, un comunista alla Camera, Bertinotti, e con ex Pci ed ex Dc in arrivo agli Esteri, agli Interni, alla Giustizia, di fatto, finirebbe per soffocare la dialettica e il confronto democratico, ai vertici dello Stato e dellesecutivo.
«Oggi siamo tutti, in Italia, meno liberi!»: capovolgendo la famosa esclamazione del leader socialista Pietro Nenni, allindomani della nascita del primo governo di centrosinistra, gli italiani sarebbero legittimati a protestare, civilmente ma con grande forza, contro la pesante compressione del dissenso e delle idee di quanti non intendono essere omologati alle parole dordine degli spregiudicati nuovi (?) padroni del nostro Paese.
Nelle regioni dove comandano gli amici di DAlema e di Marini, i proconsoli diessini hanno già parlato il linguaggio della protervia e dellarroganza: «Ora comandiamo noi! Quindi, alleati e avversari vengano da noi con il cappello in mano!».
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