L’ecografia salva il cuore

Le più recenti metodiche tridimensionali aiutano il cardiochirurgo ad eseguire interventi di alta precisione

Gianni Mozzo

L’ecografia - tecnica diagnostica basata sull’impiego di ultrasuoni - sta per compiere cinquant’anni: il tempo necessario per giudicarla indispensabile. Nessun cardiologo, oggi, vi rinunzierebbe: anche perché le conquiste tecnologiche più recenti, come l’ecografia tridimensionale, forniscono particolari diagnostici di estremo interesse, che non appartengono a nessun’altra metodica. L’ecografia diventa fondamentale anche nell’ambito cardiochirurgico, quando si deve stabilire, il più presto possibile, se operare un paziente e come operarlo. L’ischemia coronarica, il by pass aorto coronarico, l’angina pectoris, hanno bisogno di «fotografie» minuziose che oggi, si ottengono solo con l’ecocardiografia.
Uno speciale simposio è dedicato all’ecografia dell’area cardiochirurgica: è quello che si svolgerà a Calampiso dal 18 al 20 maggio sotto la presidenza del professor Vincenzo Montericcio, primario dell’unità operativa di ecocardiografia del Policlinico San Donato, affiancato da un Comitato scientifico che riunisce grandi nomi: i professori Alessandro Frigiola, Lorenzo Menicanti, Paolo Cabitza, Luigi De Ambroggi.
Calampiso è un’incantevole finestra sul mare di San Vito lo Capo (Trapani). È giusto che questi luoghi sacri al turismo ospitino anche coloro che lavorano per migliorare la vita per «aggiustare» le arterie, per riportare un cuore impazzito ai ritmi normali.
Questo sarà un Simposio (quarto della serie) tutto italiano, con duecento partecipanti, in parte cardiochirurghi, in parte specialisti in ecografia, delle più importanti strutture italiane. Folta, com’era prevedibile, la rappresentanza degli ospedali milanesi; ma non meno autorevoli i rappresentanti di altre città come Roma, Napoli, Reggio Calabria, Palermo, Catania, Messina.
Gli addetti ai lavori saranno lieti di incontrare a Calampiso, tra un cous cous e un fritto di pesce, i professori Novo, Giordano, Careri, Calabrò e tanti altri. Ciascuno illustrerà le proprie esperienze e le metterà a confronto con ciò che si fa in altri Paesi.
Dice il professor Montericcio: «La nostra ambizione è esaminare a fondo i rapporti che intercorrono tra il momento della diagnosi e quello della terapia: stabilire cioè se i problemi clinici del soggetto che abbiamo di fronte si possono risolvere con i farmaci o se invece dobbiamo ricorrere all’angioplastica con gli stent medicati, ai bypass ed a tutti gli altri interventi di cardiochirurgia».
Discussione aperta, dunque, senza dogmi e senza certezze.

La terza giornata congressuale (sabato 20 maggio) sarà quella dei confronti: ciascun relatore proporrà un «caso» e illustrerà la via che ha imboccato per risolverlo. Tutti i presenti interverranno valutare le migliori metodiche.
Questa «collaborazione» vuole dimostrare che anche la cardiochirurgia non è monolitica.

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