nostro inviato a Londra
Facciamo due conti in tasca allEnel. In meno di un anno il primo gruppo elettrico italiano si è portato a casa otto miliardi di euro per un aumento di capitale e circa quindici attraverso varie emissioni obbligazionarie. Niente male, soprattutto in tempi di mercati turbolenti. Ma dallaltra parte ci sono 50 miliardi di euro di debito. Come fate a sopportare questo fardello?
«Quando si guarda al debito della nostra azienda - dice il suo presidente Piero Gnudi, dopo lincontro fatto con la comunità finanziaria a Londra - si deve tenere in considerazione anche la sua capacità di generare flussi di cassa. E noi abbiamo un cash flow di sedici miliardi di euro lanno. Esso è sufficiente a sostenere gli investimenti, servire il costo del debito, remunerare i nostri azionisti, e, per la parte che eccede, a ridurre il debito».
Quanto vi costa il vostro debito allanno?
«Circa 2,6 miliardi. Nei prossimi quattro anni genereremo 12 miliardi di cassa in eccedenza con i quali ridurremo il debito sotto quota 40 miliardi».
E per un azionista che comprasse oggi unazione Enel, quale sarebbe il rendimento, il diviend yield?
«Alla chiusura di Borsa di oggi (ieri, ndr) una nostra azione valeva intorno ai 4 euro. Questanno distribuiamo un dividendo di 25 centesimi: il conto è presto fatto, ogni titolo rende più del 6 per cento. La nostra è una classica azione da cassettista».
Avete anche un grande azionista di riferimento, il Tesoro. Interessi in conflitto con i piccoli?
«Credo che gli interessi siano concordanti: tutti gli investitori, grandi e piccoli, vogliono unazienda che produca profitti e distribuisca utili. Non esistono contrapposizioni. Questo è il miglior bilancio della nostra storia. Nel 2009 Enel, tra le società quotate, è quella che ha avuto in termini assoluti lutile netto più alto. Abbiamo sfiorato i 5,4 miliardi di euro».
Avete surclassato anche i cugini dellEni?
«LEni in genere ha risultati superiori ai nostri, ma il 2009 è stato un anno eccezionale a causa della crisi che ha colpito particolarmente le oil companies».
Dopo la mega acquisizione di Endesa in Spagna è finito il giro di shopping per i mercati internazionali. Non ve lo potete più permettere.
«Vogliamo consolidare la nostra posizione sia in Italia sia nei 22 paesi esteri in cui operiamo. In alcuni di questi paesi la crisi, soprattutto in America latina, è stata superata in modo migliore che in Europa. Ritengo che nel medio termine sarà proprio lAmerica latina uno dei mercati sul quale focalizzare i nostri investimenti».
E abbandonate la vostra naturale vocazione mediterranea?
«No, il Mediterraneo è la nostra casa. Daltronde lUnione europea con la Direttiva 28 del 2009 ha stabilito che per raggiungere gli obiettivi del pacchetto clima (il cosiddetto 20-20-20, ndr) si possa far ricorso anche a energia generata da fonti rinnovabili installate nei paesi della sponda sud del Mediterraneo, dunque al di fuori della comunità».
I francesi di Edf avranno un ruolo sempre crescente in Italia?
«Edf è una grande impresa che ha un ruolo importante anche in Italia. Non solo per via della partecipazione in Edison. Nel nucleare lEnel ha un accordo con Edf per portare in Italia la tecnologia di terza generazione avanzata. In questo settore siamo alleati, e in Francia siamo soci di Edf nella costruzione di reattori Epr identici a quelli che intendiamo costruire in Italia».
Riusciremo a fare mai partire il nucleare italiano?
«Tutti i paesi del mondo nel decennio scorso avevano interrotto gli investimenti in nuove centrali nucleari per un motivo prettamente economico: il costo del barile di petrolio era talmente basso da scoraggiare investimenti in forme alternative di generazione. Non credo che nei prossimi anni si possa tornare al costo del barile di fine anni 90. Dunque oggi lenergia nucleare è diventata doppiamente conveniente: al vantaggio economico si è aggiunto il costo ambientale associato allemissione di CO2 e alle emissioni inquinanti. Tutti i paesi seriamente impegnati nella lotta al cambiamento climatico devono considerare lopzione nucleare».
Ma cè un freno ideologico al ritorno del nucleare
«Si alimentano paure infondate. In Italia se vogliamo davvero risolvere i problemi dellinquinamento (non della CO2) il nucleare è una scelta ineludibile. Immagini i problemi che affliggono la pianura padana: con il nucleare potremmo generare energia a basso costo e potremo finalmente utilizzare energia elettrica anche per il riscaldamento, evitando di bruciare combustibili fossili, con un conseguente grande sollievo ambientale».
Qualcuno dice, che dopo il blackout del 2003 si sono costruite troppe centrali e oggi cè una bolla di energia. Cioè troppi impianti rispetto alla domanda?
«In Italia negli ultimi dieci anni sono stati costruiti oltre 20.000 MW di potenza elettrica. Unenormità. Tutti impianti alimentati a gas. Oggi il nostro sistema ha il margine di riserva più alto dEuropa. Ma non siamo al sicuro: dipendiamo dallimportazione di gas proveniente soprattutto da Russia e Algeria. Due anni fa abbiamo corso il rischio di rimanere al freddo e al buio a causa delle crisi russo-ucraina. Il nucleare ci mette al riparo da questo tipo di rischio e i suoi costi inferiori a quelli del gas ci permettono di ridurre il delta tra i nostri prezzi dellenergia e quelli europei».
A quanto corrisponde questo differenziale?
«È variabile, ma oscilla su valori prossimi al 30 per cento».
Il piano nucleare quanto coinvolgerà aziende e imprese italiane?
«Alcuni dicono che non siamo pronti. Non è così. Se guardiamo allItalia della fine degli anni 50, quando abbiamo avuto il coraggio di iniziare il percorso nucleare, allepoca avevamo una struttura industriale assai più arretrata. Eppure riuscimmo nellimpresa. Oggi si ripresenta una grande occasione di rilancio della nostra industria, in grado di creare sviluppo e occupazione. Ogni cantiere nucleare vale intorno ai 5 miliardi».
Il presidente dellAuthority per lEnergia, Alessandro Ortis, e il ministro Brunetta ci hanno spiegato che i costi dellenergia verde, in particolare il fotovoltaico, sono esorbitanti. E rappresentano un costo che prima o poi ci ritroveremo in bolletta, sul modello del famigerato CIP6. È così?
«Credo che sia stato giusto incentivare tutte le forme di energia rinnovabile, perché in questo modo si offre un sostegno alla ricerca di soluzioni innovative. Infatti i costi dellhardware sono calati, e di molto. Certo, si dovranno fare delle riflessioni sullammontare dei contributi. Ma non è ancora possibile avere una forte crescita nelle fonti rinnovabili senza ricorrere a forme di incentivo».
Enel è associata in Confindustria. E il peso delle grandi aziende sta crescendo. Non ritiene che sia difficile immaginare una sola organizzazione che tenga insieme gli interessi della grande impresa con quelli delle micro e delle piccole?
«Nel mio passato ho avuto unesperienza allIri. Allepoca, ricordo, esisteva lIntersind, una Confindustria pubblica. Labbiamo chiusa con convinzione. E oggi le dico che abbiamo fatto bene, perché gli interessi dellindustria non cambiano cambiandone gli azionisti. È dunque naturale che Enel sia in Confindustria. Vogliamo essere soci che partecipano alla vita di questa associazione per dare ad essa il nostro fattivo contributo».
Avete annunciato laccelerazione della cessione di Enel Green Power. Avete fretta di incassare?
«Quando abbiamo completato lacquisto di Endesa abbiamo fatto un programma di dismissioni di attività non strategiche che procede secondo le nostre previsioni. Lapertura del capitale di Enel Green Power a investitori di minoranza è parte di quel piano.
«È lEnel dei record: in Italia nessuno fa più utili di noi»
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