No, non cazzecca niente linchiesta sulla camorra e gli sms paranoici della starlette Sara Tommasi. Niente neppure lombra dei clan sulluccisione di due zii di Raffaella Fico (ribattezzata la «rivale» di Nicole Minetti) o le frequentazioni pericolose di Eleonora De Vivo, by Olgettina, sorpresa dalla polizia in compagnia di un imprenditore indagato per 416 bis. E nulla centra la trascorsa attività giudiziaria sui mai dimostrati collegamenti con la criminalità napoletana del papà di Noemi Letizia o sulle foto hard di Silvio che secondo Corona sarebbero in mano ai boss. Allombra del Vesuvio per arrivare a Silvio Berlusconi si lavora da tempo spremendo le meningi a vecchi e nuovi boss-pentiti, specie uno, Peppe Misso o «Missi», tornato di moda a margine della decisione di indagare il capomafia Totò Riina per la strage del «rapido 904» alla vigilia di Natale del 1984.
Nellordinanza notificata in cella al Padrino corleonese si fa solo riferimento allipotesi di un atto ritorsivo contro il maxi-processo e/o di un segnale preciso da lanciare al mondo politico di allora. Si conferma quanto già passato in giudicato relativamente allesplosivo e ai «manovali» della strage individuabili negli uomini appartenenti al clan del rione Sanità guidato da quel Misso che dopo un ergastolo in primo grado venne assolto dallaccusa di strage in Cassazione anche se gli restò appiccicata una condanna a tre anni per porto e detenzione di esplosivo. Peppe Misso, noto come o nasone, uno che sin dagli esordi se la faceva con i siciliani conosciuti in carcere (25 anni si è fatto), nel frattempo sè convertito sulla via del pentitismo. E anche se è stato dichiarato «inattendibile» dalla quinta sezione penale della corte di assise di Napoli, se ha raccontato frottole sul conto dellex deputato di An Florino (accusato di essere il mandante di un triplice omicidio) e del consigliere regionale Conte (buttandola sul voto di scambio senza che nessuno - è stato dimostrato - nel rione controllato dal clan votò per il politico) recentemente ha sorpreso tutti al processo sui gruppi collegati al suo cartello sanguinario dovè stato invitato dai pm a confermare quanto dichiarato a verbale. Linteressato non si è sottratto. Ed ha ribadito che «il mio affiliato Savarese mi disse che Riina (con il quale il suo colonnello aveva condiviso per anni la «socialità» nel carcere di Ascoli Piceno, ndr) in cambio del favore di uccidere lavvocato Li Gotti, ci offriva di farci entrare nella gestione dei capitali investiti da Cosa Nostra in molte aziende italiane. In particolare, riferendosi a Riina, Savarese mi parlò delle aziende televisive di Berlusconi che Riina definì un bravo picciotto, stessa espressione usata per DellUtri». Il perché di unuscita del genere non si può non ricollegare alluscita di altro pentito, tal Gaetano Guida, che nel corso di un processo sugli affari «milanesi» della Camorra spa sè ricordato dei rapporti tra i clan campani e soggetti che, per dirla con una cronaca del Mattino, «allepoca stavano scalando i ranghi dellhigh society meneghina». Anche se le date rendono impervio un accostamento fra la strage del treno e Berlusconi, sotto sotto si scava per trovare agganci criminali alla genesi dellimpero economico del premier. Una riedizione napoletana delle inchieste palermitane, retrodatate però alla metà degli anni Ottanta. Con ex criminali che solo adesso rammentano episodi sulla vecchia connection Napoli-Milano.
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