«È l’ennesimo boomerang per la sinistra moralista»

RomaMassimo Cacciari, a Bari perquisizioni nelle sedi dei partiti della sinistra e politici indagati.
«Non posso commentare un’indagine».
Una qualche valutazione politica del sindaco di Venezia però ci può stare...
«Il mio ragionamento è che non si può pensare che le amministrazioni funzionino bene, in modo trasparente efficace, così, in astratto. Le istituzioni fanno sempre parte di un contesto sociale, culturale e politico. E anche i comportamenti delle singole persone nel 90 per cento fanno parte del sistema».
E il sistema italiano come è?
«È assolutamente in crisi. Ed è evidente che in questo humus possano allignare comportamenti riprovevoli».
Che a quanto pare investono in pieno la sinistra...
«Guardi si possono fare moralismi, si può gridare allo scandalo. Si possono anche strumentalizzare le cose che oggi colpiscono una parte e il giorno dopo l’altra».
E, dice lei, tutto questo è parte del gioco democratico?
«No. Sono chiacchiere che fanno parte della crisi di questo sistema politico».
Ma è la sua parte politica, la sinistra, ad avere fondato la sua identità sulla diversità e la superiorità morale..
«Tesi che, anche per la sua assoluta inefficacia politica, si è sempre tradotta in un formidabile boomerang per la sinistra».
Gli dia una piano alternativo...
«Presenti un programma radicale di riforme e chieda al centrodestra di confrontarsi su questo. Ma per mettere mano al sistema italia occorre che almeno ci sia una diagnosi comune».
Ed è possibile?
«Difficile fino a quando qualcuno pensa che uno scandalo o uno scandaletto possa portare acqua al suo mulino, farlo vincere e avanti popolo...».
Antonio Di Pietro dice ad esempio che la corruzione non è un problema di destra o sinistra. Ha ragione lui?
«È vero che non è stata superata Tangentopoli. Ma la ragione è che non è stata data una risposta politica e istituzionale alla crisi che tangentopoli denunciava».
Però lei, per superare la crisi, propone riforme condivise. Metodo altrimenti detto inciucio..
«Dico accordo sulla diagnosi e poi affrontare insieme la crisi con un nuovo patto costituente. Poi dopo faremo in tempo a dividerci in forti alternative. Il patto costituente della Prima repubblica non ha impedito espressioni radicalmente alternative. Se non si capisce questo non ci rimarrà che continuare a fare falso moralismo, piagnucolare per dire che quello è ladro e io no, portare acqua una volta al mulino della destra e l’altra a quello della sinistra. Un gioco al massacro inutile».
Riforme per fare cosa?
«Parliamo dei comuni. Anni fa si parlava di delegiferare. Allora i sindaci erano sull’orlo della pazzia, ora ci stanno in mezzo, tra regole che si contrappongono e si contraddicono l’una con l’altra. E questo va a scapito della trasparenza. L’unica via d’uscita per un sindaco è non fare niente. Limitarsi agli annunci, un giorno contro i vu’cumprà, l’altro perché si vogliono più soldi».
Lei dice che nei casi di corruzione conta il contesto più che il colore politico. Nel caso Bari voleva dire che pesa il fatto che è una città del Sud?
«Può darsi che in alcune zone ci sia una predisposizione maggiore per ragioni culturali, ma anche perché in certe aree la crisi è più forte. Sicuramente al Sud la situazione è più drammatica per una maggiore presenza della criminalità, ma il contesto è assolutamente analogo. È una questione nazionale, non solo meridionale».
Abbozzi un programma di riforme.


«Avviare il federalismo fiscale per eliminare ingiustizie distributive, rivedere le normative dei lavori pubblici, tagliare la classe politica, partendo dal Parlamento fino ai consigli municipali. Ripeto, però è impossibile fino a quando non ci sarà un accordo di massima sulla diagnosi».

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