Era nell’aria già da un po’, c’era quel triste tirar avanti da sogno interrotto, quel susseguirsi di comunicati e smentite che caratterizzano la caduta di tutti gli imperi, economici, politici o digitali che siano. E così ieri Splinder, la prima grande piattaforma italiana di blog, ha chiuso i battenti. E la sua chiusura segna probabilmente il tramonto di un’epoca, è il segno di un mutamento permanente nella Rete. Giusto per far capire a chi non è un frequentatore abituale di Internet.
Nel 2001 l’avanguardia della comunicazione digitale erano i blog, in tutta italia erano appena 900. Un gruppo di amici «smanettoni» si ritrovarono al bar. C’erano Marco Palombi, Francesco Delfino e Paolo Werbrouck di Tipic; insieme avevano sviluppato un embrione di piattaforma di creazione blog. Al gruppo si unirono anche Fabio Cabula e Andrea Santagata. Nasceva l’idea di Splinder: un sistema facile, in italiano, per creare e gestire i blog. Il successo fu travolgente: decine di nuovi blog venivano aperti ogni giorno. Si andava da quello di Platinette a quello di Pulsatilla passando per quello del signor nessuno che aveva voglia di raccontare come costruire bambole di pezza.
E il successo si trasformò anche in prospettiva industriale, tutti dicevano che i blog erano il futuro. Una piattaforma poteva essere un bel investimento, così Splinder venne acquisito nel 2006 da Dada per la non irrilevante cifra di 5,6 milioni di euro. Poi pian piano il declino. Dovuto a cosa?
In primo luogo l’avvento rapido e devastante dei social network. Come ci spiega Andrea Mancia uno dei fondatori di Toqueville ed esperto di Blog: «Le piattaforme si credeva potessero contare sull’onda lunga di traffico e pubblicità prodotta da centinaia di migliaia di blog - Splinder arrivò ad averne 470mila attivi (ndr) - e pazienza se molti erano pochissimo visitati, contava la massa critica.
Ma poi l’arrivo di social network come Facebook e Twitter ha allontanato tutti coloro che volevano solo un modo semplice di comunicare con conoscenti ed amici». Un colpo durissimo per Splinder a cui sì è aggiunto quello di non riuscire a tenere il passo con altre piattaforme che avevano investito di più sul rinnovamento tecnologico. Come ci dice Luca Sofri, forse il papà dei blogger italiani e direttore de Il Post: «A un certo punto sono arrivate piattaforme più evolute come Wordpress e la mancanza di rinnovamento a creato un gap pesante, e forse è mancato anche un vero e proprio modello di business».
E proprio su Il Post uno dei fondatori di Splinder, Andrea Santagata, ha ammesso i limiti della piattaforma: «Credo che sia molto difficile per una piattaforma italiana competere a lungo con piattaforme internazionali che godono di economie di scala molto diverse». Ma come in ogni crollo che si rispetti al lato triste si aggiunge il grottesco. Santagata e Banzai Media si sono offerti di rilevare la piattaforma per cercare di salvarla. Ma grazie anche alle complesse normative del nostro Paese si sono sentiti rispondere da Dada «no grazie». Per Dada: «Visto lo stato attuale della piattaforma e i numeri di Splinder a oggi abbiamo valutato che le complicazioni tecniche e legali di una migrazione siano superiori a una chiusura controllata e gestita...
crediamo che gli utenti potranno continuare ad esprimersi su altre piattaforme, conservando quanto scritto fino a ora». E speriamo che davvero sia così semplice salvare i contenuti dei blog. Non saranno la biblioteca d’Alessandria ma non sarebbe bello vederli andare in fumo digitale...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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