L’esercito delle donne che rinuncia a lavorare

L’esercito degli scoraggiati che non cercano occupazione ma la vorrebbero, se la potessero trovare in Italia, è molto maggiore di quello dei disoccupati. Sfiora i tre milioni di unità, mentre i disoccupati sono poco più di due milioni. Di questi scoraggiati, la quota maggiore, il 60%, consiste di donne, e - di esse - un quinto non cerca lavoro perché non sa risolvere il problema della cura dei figli. Ma è vero che la grande massa è costituita di persone che hanno fino alla licenza media e sono al Sud per il 67%: 1,9 milioni di unità. In Italia non esiste un mercato del lavoro «normale» perché manca l’informazione sui posti vacanti, manca la formazione che li riguarda e l’incastro fra la domanda e l’offerta è arduo dalla rigidità delle regole.
Cominciamo con formazione e informazione. Ci sono molti lavori - per i quali scarseggia il personale - per cui non serve la laurea, né la scuola superiore. Ma chi ha solo la quinta elementare o magari la media inferiore non ha le competenze richieste, e molte volte non sa neppure che questi lavori ci sono. Spesso si vergognano a farli. D’altra parte, i contratti collettivi sono rigidi e le retribuzioni eguali dappertutto. E così accade che molti al Sud non trovano lavoro, perché le paghe sono troppo elevate rispetto al risultato. Ma il costo della vita - più basso - e salari minori contrattati a livello distrettuale e aziendale consentirebbero, comunque, una vita decorosa. Tanto più se in casa ci fossero due retribuzioni.

Per le donne «scoraggiate» a causa dei figli non c’è solo il problema degli asili nido, ma anche gli orari part-time. Così c’è molto sommerso, meno reddito e meno pil. Il mercato libero è molto più sociale di parecchie presunte regole di tutela sociale.

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