Enrico Artifoni
In Italia un operaio costa in media 18,1 euro lora, in Svezia bisogna pagarlo 20,8 euro e in Germania 27 euro e mezzo. Per lo stesso lavoro, in Ungheria la paga oraria non va oltre gli 8,1 euro. Ma ancora più bassa è in Turchia, dove si scende a 6,5 euro, e in Polonia, dove i lavoratori percepiscono 4 euro lora. Altra statistica, stessa musica. Fatto 100 il costo dellelettricità in Italia, nei già citati Paesi dellEst la bolletta energetica si riduce come minimo di un terzo.
I conti sono presto fatti: investire in questi Stati conviene. Nel caso di un settore «maturo» come lindustria dellauto, più che di unopportunità si tratta di una necessità. «Negli ultimi anni - spiega Giancarlo Poli, managing director di AlixPartners - il forte aumento del costo delle materie prime e la battaglia che si è scatenata a colpi di sconti sui prezzi finali, hanno sottoposto i grandi costruttori a forti pressioni. La competizione è diventata feroce. Da qui limperativo assoluto di ridurre o quantomeno tenere a bada i costi. Ecco perché tutti i protagonisti stanno spostando o ampliando la loro produzione nellEst Europa».
Insieme con le facilitazioni allinvestimento offerte dai governi e dalle comunità locali, lapertura delleconomia al mercato, la ritrovata stabilità politica dopo la caduta del Muro e il progressivo avvicinamento di questi Paesi allUe hanno fatto il resto. Il risultato è che in breve la fascia che va dalla Polonia alla Turchia, passando per la Repubblica Ceca, la Slovacchia, lUngheria e la Romania è diventata un nuovo polo della fabbricazione di automobili in Europa. Sono una ventina i siti dove si costruiscono vetture soprattutto della fascia bassa del mercato, per le quali il prezzo di vendita è un fattore essenziale. Dal 41% delle city-car costruite in tutta Europa si è passati nel 2004 al 61%, con la stima di arrivare al 79% nel 2009. Nello stesso periodo è salita dal 14 al 17% la quota di produzione delle utilitarie e dal 25 al 29% quella delle berline compatte. La corsa allEst ha subito unaccelerazione nel 2005 con lapertura di nuovi impianti, la scelta di realizzarne altri o di accrescere la capacità produttiva di quelli esistenti. Da febbraio è in funzione a Kolin, nella Repubblica Ceca, la fabbrica frutto dellalleanza fra Toyota e Psa Peugeot-Citroën da cui escono le city-car delle tre marche. Una realizzazione per molti versi esemplare: dove cera un grande prato in unarea economicamente depressa solo 5 anni fa, oggi si costruiscono fino a mille auto al giorno (la massa critica necessaria per giustificare linvestimento) e la produzione può variare in qualsiasi momento privilegiando il modello più richiesto. Si calcola, inoltre, che ripartendo i costi ciascuno dei due gruppi abbia risparmiato dal 40 al 50% di ciò che avrebbe speso per avviare liniziativa singolarmente. Risultati importanti sono stati ottenuti anche da Renault con lacquisizione e lammodernamento della Dacia, lazienda romena dove pochi mesi fa è partita la produzione della Logan. I primi esemplari della berlina «low price» sono andati a ruba e il problema per Renault è adeguare le capacità della fabbrica per soddisfare tutte le richieste. A Tychy, in Polonia, sorge invece la fabbrica della Fiat da cui escono già la Panda e la Seicento.
Qui lazienda torinese e la Ford hanno deciso di produrre congiuntamente la nuova 500 e la seconda generazione della Ka. Ma non è finita.
Si è arenato, invece, di fronte al rifiuto dei proprietari di vendere le loro terre, il progetto del colosso sudcoreano Hyundai di sbarcare con un impianto da 300mila auto lanno a Nosovice, nella Repubblica Ceca.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.