Politica

L’EX MINISTRO DS CESARE SALVI

«Bisognerebbe abolire le Province e rivedere la forma partito per risparmiare veramente sui costi della politica. Ma credo che gli amici del Pd non sarebbero d’accordo». L’ex senatore e ministro Ds Cesare Salvi nel 2005 si era occupato della Casta in un libro. Ora che il tema torna d’attualità con la crisi economica, l’ex vicepresidente del Senato ripropone la sua ricetta.
Secondo le sue stime i politici ci costano 4 miliardi di euro. Ne servono 25. Anche tagliando...
«Attenzione. Se si interviene si tagliano a regime sia i costi reali sia certi fenomeni clientelari. Pensi solo alle società miste dove vengono paracadutati politici, o ai manager pubblici nominati dall’esterno... Io abolirei tutte le Province, e anche i Cda delle società miste. Una persona basta».
Con le città metropolitane come Roma e Milano 10 Province spariranno comunque. Non basta?
«Se si abolissero le Province il sistema decisionale sarebbe più snello. Quale Paese al mondo ha un federalismo a quattro livelli? Tanto è vero che per i beni demaniali stanno impazzendo...».
Ma così dà ragione a Berlusconi, che se la prende coi veti degli enti locali...
«Ci sono evidentemente troppi livelli istituzionali che complicano la decisione, e dunque serve una semplificazione. Ma sia chiaro: un conto è dire “decido tutto io”, un altro conto è un decisionismo all’insegna dell’economia e del risparmio».
Lei da dove li prenderebbe i 25 miliardi?
«Redditi alti e rendite finanziarie. Perché chi gioca in Borsa paga meno tasse di chi lavora?».
D’accordo con la riduzione dei parlamentari e con il bicameralismo imperfetto?
«Certamente. Bicameralismo, ma anche monocameralismo».
Perché la sinistra ha bocciato la devolution e la riforma federalista approvata dal centrodestra nel 2006?
«Beh, perché nel referendum confermativo c’era anche il presidenzialismo. Bastano poche e limitate modifiche costituzionali, ognuna con un quesito. Perché uno può essere favorevole al federalismo e all’abolizione delle Province e contrario al bicameralismo e alla riduzione dei parlamentari, o viceversa».
La Costituzione si può modificare?
«Fare la manutenzione sì, riscriverla tutta no».
Questo centrosinistra sarebbe favorevole a dire addio alle Province?
«Aaah, su questo ho molti dubbi. Non ci sono solo le Province, ma anche i partiti e la loro struttura sul territorio, basati sulle stesse logiche».
E allora scusi, ma non sarebbe il caso di riformulare la forma giuridica dei partiti e i suoi finanziamenti?
«Certamente. Quello dei rimborsi elettorali è una ipocrisia bella e buona. Vengono consegnati dei soldi a piè di lista e amen. Il finanziamento pubblico va agganciato alla forma partito e alla sua democrazia interna. Io ti finanzio perché la politica ha un costo, in cambio tu mi garantisci trasparenza e democrazia».
E ci sono le condizioni?
«La classe politica ha il coraggio di autoriformarsi? È questa la domanda...».
Lei è fuori dal Parlamento da due anni. Come l’ha presa?
«All’inizio pensavo a uno contraccolpo psicologico, e invece...».
felice.

manti@ilgiornale.it

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