L’ha picchiata a morte: per non finire in cella ora la costringe a vivere

L’uomo si rifiuta di staccare la spina per evitare l’accusa di omicidio

Guido Mattioni

Nata per errore. Abbandonata male. Adottata peggio. Picchiata fino a ridurla un vegetale. E adesso, la minaccia che qualcuno stacchi le macchine che la tengono in vita. Forse per pietà, ma più probabilmente perché per lei, rimasta senza una famiglia, i servizi sociali sono costretti a pagare da quasi tre mesi una retta ospedaliera di 4mila dollari al giorno. Troppi per un bilancio pubblico.
C’è davvero da chiedersi dove sia andato a finire l’Angelo custode di Haleigh Putre, ammesso che ne abbia mai avuto uno. Perché lei, anima innocente e indifesa di 11 anni, ha già visto nella sua breve vita una processione di dolori e orrori che basterebbero a riempirne tante, di vite. Ora, in verità, lei non vede e non sente più. Dall’11 settembre scorso (incredibile, proprio un 11 settembre, data maledetta!), questa bambina del Massachusetts giace immobile, con gli occhi chiusi, attorniata dalla piccola fattoria dei suoi animaletti di peluche, in un letto del Baystate Medical Center, nella cittadina di Springfield.
È in stato vegetativo, la piccola Haleigh, che tutti qui ricordano per come ballava («Era leggera come un angelo», dice chi l’ha conosciuta) e per come sorrideva («Era lei stessa un angelo»). A farla finire su quel letto, con un grosso ematoma subdurale che le soffoca il cervello e con una orribile serie di bruciature, tagli e lividi vecchi e nuovi in tutto il corpo, sono stati il padre e la madre adottivi, il 32enne Jason Strickland, meccanico, e sua moglie Holli, 30 anni, che di Haleigh era anche la zia.
«Era» (in questa storia sembra non esserci limite alla nera e perversa fantasia che l’ha scritta) perché zia Holli è stata trovata morta il 22 settembre successivo, in un lago di sangue, accanto al corpo ormai freddo di sua nonna, Constance Young, 71 anni, nella cui casa si era rifugiata dopo il rilascio su cauzione che il 20 settembre l’aveva rimessa in libertà insieme al marito (dietro versamento di 25mila dollari a testa). Le due donne, ha ricostruito la polizia, sono rimaste uccise in quello che appare con tutta probabilità come un misterioso omicidio-suicidio.
Haleigh era andata a vivere con gli zii sette anni fa, dopo che alla sua madre naturale, Alliston Avrett, un’ex studentessa rimasta incinta di chissà chi in una notte balorda, era stata tolta la patria potestà con l’accusa di essere «inadatta al ruolo di genitore». Sarebbe stata più sicura con zia Holli, avevano decretato gli esperti del Dipartimento dei Servizi Sociali, dal momento che la donna poteva vantare un diploma di educatrice per l’infanzia e una attività casalinga di cure ambulatoriali.
All’epoca, Holli era ancora sposata con il suo primo marito, Johnathan Poutre, da cui aveva avuto una figlia. Poi il divorzio. Ed era arrivato Strickland, nella sua «maschia» tuta blu intrisa di benzina, che l’aveva messa incinta con la stessa rapidità con cui cambiava la marmitta a una Ford Mustang. Così, l’home sweet home di Haleigh divenne quella casetta di legno bianca di Springfield, uguale a tante altre della provincia americana, con l’immancabile scritta «Welcome» fuori dalla porta.
Dentro, invece, era l’inferno. Ora qualcuno ricorda e racconta alla polizia: delle mani ripetutamente alzate dell’uomo, della mazza da baseball usata dall’«educatrice» diplomata Holli, dei tonfi ripetuti giù per le scale, delle grida di dolore.
Ora Strickland recita il ruolo del papà pentito, addolorato e amorevole. Che attraverso gli avvocati si oppone alla possibilità che dal corpo della piccola Haleigh vengano tolti i tubi di ventilazione e di alimentazione che la tengono in vita. Ma non è pentimento: è calcolo, cinico calcolo e mostruoso paradosso insieme, ultimo tassello di una storia orrenda.

Perché se la bimba muore, per lui l’accusa di percosse si tramuta in omicidio. E se in Massachusetts non c’è pena di morte, lui finirebbe per sempre in carcere. Un posto mal frequentato, ma dove chi uccide i bambini di solito non vive molto a lungo.

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