Adalberto Signore
da Roma
Dopo quasi un’ora buona di catenaccio (sul Quirinale per esempio), Silvio Berlusconi lancia prima un neanche troppo timido contropiede (su Prodi ma pure su Casini) e poi conclude con un prepotente pressing in zona d’attacco (sulla magistratura). Insomma, proseguendo nel paragone calcistico, quella del premier a Porta a Porta è una partita in crescendo, iniziata con una certa cautela («devo spiegare quanto abbiamo fatto») e conclusasi con un durissimo attacco alla «magistratura rossa». Durissimo non solo nelle parole, ma anche nei toni e nella gestualità.
Il «pentagono rosso». Manca ancora qualche minuto al vero e proprio affondo su Unipol quando Berlusconi guarda verso la telecamera e con le mani fissa nell’aria cinque punti immaginari: «Giunte rosse, cooperative rosse, magistratura rossa, finanza rossa e Pci-Pds-Ds. Ecco il pentagono rosso». «Quello tra coop e Ds - spiega - è uno straordinario conflitto d’interessi che riguarda 3 punti del Pil». E ancora: «Ci sono anche delle connivenze delle coop con la camorra, a Napoli ci sono processi infiniti». Poi ribadisce di non essere affatto «pentito» della deposizione ai Pm e attacca le «Procure rosse»: prima fra tutte quella di Milano che «su Unipol non manda avanti niente, perché hanno insabbiato tutto». Come mai, è la domanda retorica del premier, c’è «una differenza così grande» nella conduzione delle inchieste su Unipol e Banca popolare italiana? «Da vero garantista - aggiunge - vorrei che Fiorani fosse fuori e mi chiedo perché sia ancora dentro». E, riferendosi all’incarico di Edmondo Bruti Liberati al Tribunale di Milano, accusa: «Sul sistema delle cooperative rosse hanno nominato uno dei giudici più ideologizzati». Immediata la replica dei Ds: «Berlusconi - recita una nota del Botteghino - ha passato il segno del lecito rivolgendo accuse gravissime di cui dovrà assumersi la responsabilità».
Il perseguitato numero uno. Ma l’offensiva del premier non si ferma qui: «Sono il perseguitato numero uno del mondo occidentale». Ed elenca: «93 indagini sul mio gruppo, due milioni di documenti portati via, 36 richieste d’arresto per miei dirigenti (13 neanche processati) e 1.967 udienze». Ancora: «Nel ’94 siamo stati fatti fuori dalla magistratura rossa di Milano».
Ciampi e la par condicio. A lungo il premier insiste con Bruno Vespa sul suo «credito» rispetto alla tv. «Almeno una trentina di puntate di Porta a Porta», dice. E scartabella tabelle con su riportate le presenze di Romano Prodi, Piero Fassino e Massimo D’Alema («se la telecamera le può inquadrare...»). Poi si rivolge ancora a Vespa: «Mi dica...». «Con oggi - spiega il conduttore - lei ha pareggiato le tre presenze di Fassino e le tre di D’Alema, mentre Prodi con la prossima settimana è venuto da noi due volte». Ma io, replica il premier, «sono presidente del Consiglio, presidente di Forza Italia e leader del centrodestra, perciò dovrei avere lo stesso numero di presenze di loro tre messi insieme». Insomma, «chi parla di un mio eccesso in tv si è inventato un’altra menzogna». I leader dell’Unione, aggiunge, «hanno più spazio in tv rispetto a quelli del centrodestra». Eppoi, «a chi dà fastidio vedere Berlusconi può sempre usare quello strumento fantastico che è il telecomando». Anche se, aggiunge, «in tutte le trasmissioni in cui sono andato c’è stato un incremento di ascolto che ha terrorizzato la sinistra che si è inventata lo scandalo delle mie apparizioni per nascondere Unipol». Con il Quirinale, ribadisce poi, «non è mai esistita alcuna polemica». «Non essendosi mai aperta - dice sibillino - non si può nemmeno chiudere».
Casini e gli spot di coalizione. Molto meno diplomatico, invece, è il premier con il presidente della Camera. Berlusconi, infatti, non nasconde il suo rammarico per non essere riuscito a modificare la par condicio. «Si poteva tranquillamente mettere un limite agli spot, avevo proposto di fare solo degli spot di coalizione». Cosa o chi l’ha frenato? «Chiedetelo a Casini, mi esporrei a delle osservazioni che non sarebbero gradite», la risposta gelida.
Cinque faccia a faccia. Berlusconi parla poi dei confronti tv con i leader dell’Unione, perché «sembra che ci saranno cinque faccia a faccia». «Io - spiega - inizierò con Prodi. Poi ce ne saranno tre in cui un rappresentante di An, dell’Udc e della Lega incontrerá rispettivamente i protagonisti degli altri partiti. Questa serie di incontri terminerá con un altro faccia a faccia tra me e Prodi». Poi torna sulla polemica con l’Unità verso la quale non prova sentimenti di odio («non ne sono capace») e punzecchia pure il Giornale: «Non mi piace come pubblica le mie foto...». Chiosa con un sorriso: «Voi giornalisti siete una categoria di bastian contrari. Vi fareste bruciare vivi pur di non fare la figura di essere conniventi con i vostri editori».
Letta e i sondaggi. Sulle voci che vorrebbero una sua uscita di scena a favore di Gianni Letta prima del 9 aprile, Berlusconi è netto: «Sono invenzioni pure, una fantasia assoluta». E sciorina nuovi sondaggi: «Siamo distaccati dell’1,8 per cento» e «Forza Italia è al 22».
Tasse e barzellette. Il premier torna sulla sua «ambizione» di «scendere sotto il 38%» di pressione fiscale («il taglio costerebbe meno di un miliardo») ma è comunque certo di arrivare «al 39». Poi polemizza con Prodi a proposito della costituzione di un’autorità per il controllo dei conti pubblici. «Devo stare ad ascoltare queste barzellette?», taglia corto prima di attaccare il leader dell’Unione: «Cinque anni fa era presidente della Commissione Ue e ha permesso la nascita del buco lasciatoci dal centrosinistra».
Destino aberrante. Ancora critiche per «l’ideologia comunista». «Mi viene il mal di testa - dice - a pensare che della gente che ha fatto soltanto politica, e dalla parte sbagliata, possa prendere in mano il destino mio, delle mie aziende e degli italiani. È una cosa aberrante pensare di mettere in mano a chi ha fallito tutto il nostro destino». Un esempio? «La signora Bresso (presidente del Piemonte, ndr) ha sposato in pieno la tecnica comunista della doppiezza. Nel suo programma c’era scritto no al tunnel del Fréjus. Poi, con le Olimpiadi in arrivo, ha fatto una tiepida difesa di questa opera».
Irak e Hamas. Sul fronte politica estera, Berlusconi conferma il ritiro dall’Irak entro l’anno e che il governo «non ha mai pagato riscatti». Mentre su Hamas ribadisce la possibilità di utilizzare l’arma della pressione economica.
Spinelli e fioretti. D’obbligo, dopo la confessione di Gianfranco Fini, la domanda sullo spinello. «Mai fumato.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.