L’indiano ucciso: incredulità e stupore

ANZIO La comunità sikh è perfettamente integrata nel tessuto sociale della zona

L’indiano ucciso: incredulità e stupore

Sono più di cinquemila, vivono tra Anzio, Lido dei Pini e Campo di Carne, sono perfettamente integrati con la popolazione locale. Gli indiani sikh del litorale romano di solito sono gente tranquilla, persone pacifiche e grandi lavoratori. Di solito. Sei anni fa l’episodio più cruento, quando su un terreno agricolo alla periferia di Anzio viene trovato il corpo carbonizzato di Singh Sukjit, un indiano di 28 anni, «punito» fino alla morte a colpi di bastone, poi dato alle fiamme da due connazionali sikh, Belwinder Singh e Fuman Singh. Assurdo il movente: «Pregava poco e tornava a casa sempre ubriaco» confesseranno i due assassini alla polizia.
Un caso isolato, stando a quello che dichiara, all’indomani del barbaro attentato contro Navtej Singh, il clochard di 35 anni picchiato e bruciato da tre balordi su una panchina alla stazione di Nettuno, Ajit Singh, presidente dei sikh di Anzio: «Non siamo violenti, lavoriamo in campagna e non abbiamo tempo per fare altro, se non stare con la famiglia. In Italia stiamo molto bene e non ci sono mai stati problemi con la gente qui. È la prima volta che assistiamo a un episodio così violento. Siamo preoccupati». È lo stesso per Balbir Jhwar, altro immigrato di Anzio, che ammette: «Certo, nella mano ci sono cinque dita diverse, ma credo che la nostra comunità locale sia proprio così, gente pacata».
Non è andata allo stesso modo la notte di Venerdì Santo quando una lite in famiglia come tante si trasforma in tragedia. Vittima un giovane indiano di 21 anni nato in Italia, a Lavinio, da genitori emigrati dal lontano 1981. Vitan Kumar, secondo di tre figli, è rientrato a casa tardi, come accade sempre più spesso da quando ha raggiunto la maggiore età. Una cosa che al padre, Vijay Kumar, 50 anni ancora da compiere, non è mai andata giù. La sua è una famiglia onesta, con valori e regole da rispettare. E non sempre Vitan, nonostante porti avanti col sudore della fronte l’azienda dei suoi, una rivendita di ortofrutta al Lido di Enea, è in accordo con il papà. Accade tutto in pochi minuti quando il 21enne apre la porta di casa, un appartamento in viale di Valle Schioia. È l’una e 30, ad attenderlo, ancora alzato, il padre a dir poco infuriato. Lui gli risponde male e l’uomo afferra un coltello da cucina colpendo il ragazzo al torace con un solo fendente. Quello fatale.
Non appena la notizia si diffonde, a Lavinio serpeggia l’incredulità tra la gente che conosce da anni la famiglia di Vijay Kumar. «È brava gente - dice una vicina che vuole mantenere l’anonimato - non farebbero male a una mosca. E poi quel ragazzo, il più piccolo, aveva un volto solare, sempre sorridente. Sono sempre stati grandi lavoratori lui e il fratello, ma anche il padre...».
«Non abbiamo sentito nemmeno alzare la voce - le fa eco un anziano che abita quasi di fronte -. Solo quando abbiamo sentito il suono lacerante dell’ambulanza e abbiamo visto i carabinieri ci siamo resi conto che era successo qualcosa di grave. Poi abbiamo visto che portavano il padre in caserma. Mai e poi mai avremmo potuto immaginare una tragedia del genere».
Anche al Lido di Enea, dove gli indiani gestiscono una frutteria, c’è incredulità. «Noi siamo di Roma - racconta una signora sulla cinquantina - ma d’estate viviamo qui.

Veniamo al mare anche molte domeniche d’inverno e, ovviamente anche ora per le vacanze pasquali. Il ragazzo lo conoscevamo da anni, siamo clienti, veniamo a comprare la verdura e la frutta quasi tutti i giorni. È sempre stato gentile, sempre col sorriso sulle labbra».
yuri9206@libero.it

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