L’intelligenza (nascosta) dell’asino

Godega (Treviso)Tutti qui, felici e raglianti. Senza offesa per nessuno, ovviamente. Perché, come viene ribadito nei volantini dell’antica fiera di Godega di Sant’Urbano, l’asino è un animale intelligente. Ah, be’, allora benvenuti nella città degli asini. «Pensi che Godega è un paesino di seimila abitanti - afferma orgoglioso il sindaco, Alessandro Bonet - che però si trasforma in una città da 25-30mila in occasione della sua fiera».
Sole, asini e bambini, sono questi gli ingredienti di una domenica memorabile per questa cittadina del Trevigiano ai confini col Friuli Venezia Giulia. Le macchine vengono ordinatamente fatte arrivare al parcheggio naturale, un campo di grano tagliato raso, proprio davanti all’ingresso di questa fiera che si tiene dalla notte dei tempi. È una fiera dedicata all’agricoltura e, col tempo, è diventata l’occasione per mostrare le macchine più moderne scovate da una tecnologia che ha permesso di trarre dalla terra e dall’allevamento il massimo possibile. Però da un paio d’anni c’è un ritorno all’antico e, grazie anche all’associazione Asinomondo, a Godega si sta riscoprendo l’importanza di un animale talmente trascurato e negletto da rischiare l’estinzione.
Ne hanno portati qui 150, di tutte le razze. Sì, perché anche gli asini sono di razza, mica solo i cugini nobili cavalli. Ci sono gli asini ragusani, sardi, di Pantelleria, di Martina Franca e l’elenco diventa lungo se si mette il naso fuori dall’Italia. «Non è stato facile farne arrivare 150 a Godega di Sant’Urbano - rivela Roberto Gobbi, che di mestiere gestisce un po’ il marketing di Fieracavalli di Verona - anche perché l’asino è un animale povero. Per dire, gli allevatori di asini non ci pensano nemmeno a predisporre dei van per il trasporto. Quando mai un asino va a una rassegna? Non è mica un cavallo. E invece...».
E invece le cose stanno cambiando. Già, ma a cosa servono gli asini nel terzo millennio? Domanda che sorge spontanea passeggiando per gli stand della fiera di Godega. Tra mietitrebbie sofisticate, decespugliatori elettronici e trattori col turbo, con l’asino cosa ci facciamo? «Non riteniamo oltraggiosa l’idea di poter svolgere attività professionali con l’impiego dell’asino», dicono gli amici di Asinomondo.
Ditelo a quei bambini che si stanno divertendo un mondo a scorrazzare per la fiera con quegli asinelli «docili, pazienti, intelligenti, coraggiosi, empatici, affettivi». Bastano questi aggettivi usati da «La città degli asini», centro sperimentale di formazione e ricerca sulle attività e terapie assistite con questi animali, per descrivere le prospettive di impiego per il futuro?
No, non bastano. Gobbi, che è uomo di business e che bada al sodo senza lasciarsi troppo commuovere dal raglio di un pantese, elenca tre concreti percorsi di sviluppo: onoterapia, trekking e latte d’asina.
Sul primo punto «La città degli asini» ieri ci ha organizzato un convegno dal titolo serioso, «L’asino come co-terapeuta nelle terapie e attività assistite», ma dal significato semplice: qualche patologia può essere curata, o alleviata, con questa particolare branca della pet-therapy, l’onoterapia, appunto. Lino Cavedon, psicologo dell’Ulss 4 Alto Vicentino e responsabile dell’équipe che segue il centro di referenza nazionale di pet therapy, ha spiegato che non manca molto al giorno in cui il medico di famiglia potrà prescrivere nella ricetta medica un ciclo di sedute con gli asini. «Stiamo raccogliendo evidenze mediche - dice - che dimostrino l’efficacia delle terapie. Noi abbiamo in passato lavorato con pazienti affetti da varie disabilità, autistici, anziani e bimbi che avevano subito vari tipi di abusi. L’approccio con l’animale è stato d’aiuto per fare progressi nella gestione delle difficoltà o della malattia».
E poi dicono che gli asini sono asini. Ma non lo dice sicuramente Massimo Montanari, guida ambientale, che ha fatto della sua passione per il trekking un business ecologico e redditizio. «Noi organizziamo escursioni di quattro-cinque giorni - spiega -. E i nostri clienti sono i bambini. I genitori li lasciamo a casa. Carichiamo tutto il necessario in groppa all’asino e via per monti e boschi. In quei giorni, ve lo assicuro, i bimbi tornano bimbi: magari si lavano poco, rotolano nel fango, ma dimenticano telefonini, videogiochi e anche i genitori. Sempre a fianco degli amici asini».
Quanto al latte d’asina, altro business che può rendere sia in campo alimentare, visto che le particolari qualità del prodotto lo rendono molto simile al latte umano, sia in campo cosmetico, si stanno facendo passi da gigante. Il punto è che la quantità è quella che è, così alla fine il latte d’asina costa 15 euro al litro, peraltro ben spesi, assicurano i poppanti allergici al latte vaccino.
E così Godega, che aveva introdotto la fiera regalando agli alunni del paese la possibilità di andare a scuola a fianco di un asino carico delle cartelle sempre più pesanti, adesso è diventata una sorta di città-manifesto dei diritti e dei doveri dell’asino.

Dopo le botte ricevute in passato, insomma, le carezze e le scuse del presente. L’asino non fa una piega, intelligente com’è. Avanti piano, col carico dei tempi. Se poi a un bambino scappa anche un sorriso, tanto di guadagnato.

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