L’INTERVENTO

Giuliano Ferrara e Mario Giordano hanno gettato un macigno nello stagno. Finalmente infatti ora iniziano nuovamente a ribollire le acque del dibattito biogiuridico in Italia. Purtroppo, tuttavia, pare di rivedere e, soprattutto, di risentire, i soliti frusti slogan già sentiti triti e ritriti quarant'anni fa. Senza che si possa cogliere alcuno sforzo ulteriore per tentare di comprendere il nocciolo degli innumerevoli problemi sollevati.
Tuttavia, a differenza del 1978 e del 1981, sono profondamente diverse le forze culturali che animano il fronte che si propone come primo ed imprescindibile obiettivo la tutela dell'essere umano sempre e comunque. È infatti con forza dal mondo laico, da chi ragiona scevro da ogni proiezione confessionale (in particolar modo cattolica) che provengono i pungoli più fecondi. E ciò a testimonianza di un profondo mutamento della società civile, in particolare per l'insorgere d'una visione profondamente umanista che si va facendo strada in una pletora di teste pensanti. Nonostante infatti taluno ancora ci provi, non si può, senza negare la palese realtà delle cose, tacciare questo «rinascimento umanista» come «cattolico».
L'Italia cambia, e pochi se ne accorgono. Lo testimoniano, ancora una volta, le reazioni alla proposta di moratoria venuta da Giuliano Ferrara, e ripresa da Mario Giordano, che hanno opportunamente scomodato certi ambienti che, pur autonominatisi «progressisti», hanno preferito tornare ai bei tempi delle barricate sessantasettine.
Sono del parere, in definitiva, che la levata di scudi che fronteggia la coraggiosa apertura di Giuliano Ferrara, nasconda un quid più profondo. Ossia che essa, pone un dilemma sempre più taciuto in quest'epoca moderna catturata dalla frenesia del mercato. Pone il dilemma dell'intangibilità dell'uomo. Ancor più profondamente, spinge a chiedersi chi sia, «l'essere umano». Ed è un interrogativo che scaturisce da un pulpito laico, liberale, che non trae le proprie ansie di ricerca da un approccio religioso.
Per tale motivo, specie sulla scena italiana, risulta decisamente spiazzante.
Perché dopo tanti deliri superomistici tenta di mettere alle spalle al muro con delle questioni che rimandano ad alcuni «ultimi» interrogativi.
Tenta almeno d'insinuare un dubbio: se sia l'uomo il fine di tutto, oppure sia solamente un accidente.

Se, cioè, in ossequio al soggettivismo sfrenato che pone ogni essere umano divinità di se stesso, in lotta con altre divinità a lui pari, tutti a contendersi il pianeta in una disperata lotta più che ferina, sia lecito che i più deboli (in senso fisico e/o giuridico) debbano rimetterci la pelle. Per il mero arbitrio dei più forti. Oppure se un limite dev'essere posto, per una tutela degli ultimi al delirio dei singoli.
*Vicepresidente Movimento per la vita italiano

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