L’intervento I lavoratori dentro i cda

Un tema caro alla Destra, soprattutto quando ancora si chiamava Msi, quello della partecipazione dei lavoratori nella definizione delle scelte dell’impresa in cui lavorano è tornato d'attualità. In diversi interventi è stato ricordato che in Germania i sindacati hanno la metà dei consigli di sorveglianza non in virtù di quote azionarie ma per il ruolo riconosciuto al lavoro, mentre, negli Usa, i sindacati sono entrati nei Consigli di Amministrazione per tutelare le azioni ricevute in cambio della cancellazione dei crediti sanitari.
Idee analoghe, il cui spirito ritrovo in una proposta di legge del senatore Pietro Ichino (Pd), furono sostenute nel secondo dopoguerra solo dal Msi ma, tacciate di corporativismo fascista, vennero frettolosamente espulse del dibattito culturale ed economico, nell’errata convinzione che fosse il conflitto, meglio se permanente, il motore dello sviluppo e del progresso.
La ricerca della contrapposizione a prescindere, ha segnato per lungo tempo le relazioni sindacali, comprese quelle del pubblico impiego ed, in particolare, della sanità pubblica. Dove, però, spesso riaffiora, come ho avuto modo di verificare direttamente nel corso della mia esperienza di Presidente della Fondazione Istituto Nazionale dei Tumori, con i sindacati mobilitati per mesi a raccogliere firme contro "la privatizzazione e lo smantellamento" dell'Istituto in conseguenza della sua trasformazione in fondazione.
Quella mobilitazione concorse a determinare l'eccentrica interpretazione, unica in tutto il panorama giuridico delle fondazioni in Italia, del carattere di diritto pubblico delle quattro Fondazioni sanitarie varate dalla Regione Lombardia. Si è persa, così, come è già stato scritto su queste pagine, una buona occasione per modernizzare la gestione della sanità pubblica, riconfermando, di fatto, una partecipazione senza responsabilità da parte dei sindacati dei lavoratori.
La sanità pubblica si trova di fronte a grandi sfide derivanti dall'allungamento delle aspettative di vita, dai grandi progressi delle conoscenze scientifiche, dello straordinario e sempre più costoso progresso tecnologico, ma anche da vincoli di bilancio sempre più stringenti che comportano un'oculata ed efficiente gestione di risorse per definizione scarse. E, allora, ecco la proposta, anche nella prospettiva della realizzazione della Città della Ricerca e della Salute: diamo rappresentanza ai lavoratori nel Consigli di Amministrazione delle Fondazioni, dando un ruolo istituzionale al lavoro, in cambio si chieda che venga rivisto il carattere di diritto pubblico delle stesse.
Il carattere pubblico delle Fondazioni, che è già garantito dalla legge e dagli statuti che prevedono la partecipazione di privati, ma in posizione di assoluta minoranza, non verrà meno, ma così si allargherà, assieme alla partecipazione, anche l’area della responsabilità.

Si potrà anche verificare se le Fondazioni sono degli inutili carrozzoni o un'innovativa alternativa alle lentezze endemiche della pubblica amministrazione. Non so se questa proposta farà strada, ma, come diceva Giorgio Almirante, sarò felice se le mie idee fioriranno sulla bocca dei miei avversari.
*Presidente Fondazione IRCCS Istituto Neurologico
«Carlo Besta»

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