Lo scontro televisivo si trasferisce nelle aule dei tribunali. Da una parte lUcoii che querela Daniela Santanchè per aver «bestemmiato contro Maometto». dallaltra il leader del Movimento per lItalia che si dichiara pronta a spiegare davanti ai giudici i motivi di quelle dichiarazioni. Nel mezzo di questa disputa mediatica, cè la sicurezza della Santanchè, ora più che mai a rischio. E anche lei ammette di avere paura. «Vivo con la grande voglia di continuare una battaglia giusta. E mi rendo conto che per portare avanti certi diritti bisogna a volte essere politicamente scorretti. Però mi sento sempre più esposta e meno sicura». La vicenda è un botta e risposta televisivo. Loggetto della discussione, la difesa del nostro crocifisso, che la Corte europea vorrebbe che sparisse dalle aule dei nostri figli, a scuola. Una decisione che brucia di fronte a una tolleranza verso odiosi comportamenti islamici. È a quelli che la Santanchè si rifà a sua difesa. «Io ho detto che Manometto era pedofilo perché la sua ultima moglie aveva 9 anni ed era poligamo perché aveva nove mogli. Questa era una realtà del 500 che oggi è stata bandita. Ma a volte solo sulla carta. Molti islamici imitano ancora oggi i comportamenti del Profeta».
Gli esempi delle donne-bambine, infatti, non si contano. E nessuno denuncia il loro dramma. Come quello di Samira, 13 anni, del Bangladesh, salvata dal tribunale di Treviso, oppure di Nojoud, violentata a otto anni da suo marito, o quello di unaltra piccola vittima morta di parto a dieci anni. Ma per un caso che emerge chissà quante bambine subiscono il proprio destino senza fiatare. «Diecine di migliaia di musulmani oggi - denuncia Santanchè - imitano il profeta senza capire che i tempi sono sbagliati. Molti mi odiano per le mie battaglie ma io mi batto per la parte dellIslam moderato, combatto il burqa, il velo. Io sono per una vera integrazione che deve forzatamente passare dalla difesa dei diritti universali delluomo». Insomma, il leader del Movimento per lItalia non vaneggia quando denuncia certe atrocità. Ma lei viene accusata per quella battuta un po forte, ma sintetica e tutta a sfondo politico. «Io non volevo offendere Maometto, il mio non era un attacco al Profeta chiarisce Santanchè - era una provocazione in risposta a una provocazione. Nel dibattito televisivo è una questione di minuti ed è facile che si dicano delle cose senza contestualizzarle. La tv è uno slogan. E comunque vorrei reciprocità. Sul Papa gli islamici possono dire qualsiasi cosa e non succede niente. Inoltre non mi risulta che qualcuno abbia fatto una denuncia, quando gli islamici sono andati a pregare sul sagrato del Duomo. E quella non era unoffesa alla nostra religione? Non era una provocazione?». Ma il presidente dellUnione delle Comunità islamiche in Italia, Nour Dachan, rappresentante dellUcoii, non indietreggia di una virgola nonostante la fondatezza di certe obiezioni. E picchia durissimo. «Questo è lennesimo allarmante segnale di unescalation di violenza morale maturata in un clima di calunnia e diffamazione contro il Profeta dellIslam e contro oltre un miliardo e mezzo di musulmani nel mondo». Ma Santanchè non è impaurita dalla mossa giudiziaria.
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