L’iPad è divertente Ma non è la libertà in formato portatile

Caro Granzotto, ho letto il divertente articolo di Giuseppe Marino sulla nuova meraviglia tecnologica dell’iPad. A tal proposito e tenendo conto della sua infinita saggezza, lei come si pone nei confronti della «tavoletta»?
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Finita, assai finita saggezza (al limite dell’insensatezza, a voler essere sinceri), mia cara amica. Bene, l’iPad è una meraviglia, come del resto tutti i prodotti Apple (sono un fanatico macintoscista: il mio primo computer fu il Macintosh Plus, anno 1986, quattro megabite di memoria, cioè meno di un sospiro. Da allora non ho mai tradito la Mela). Però a me non serve. Ho un Mac nello studio e in ogni spostamento mi porto appresso un MacBook. Per le emergenze supplisce egregiamente l’iPhone, che più di un telefono è un terminale. Lei capisce che così attrezzato la bellissima tavoletta mi torna superflua anche perché, finché ciò è possibile, giornali e libri mi piace leggerli e maneggiarli e ritagliarli e annotarli su «supporto cartaceo». Ciò detto, l’iPad resta comunque fonte di grande sollazzo e ricreazione dello spirito. Presentandolo qualche giorno fa, Vittorio Zucconi scriveva - prima pagina della Repubblica - «Il nostro giornale atterra per primo (balle, ndr) su un pianeta di pochi centimetri quadrati (l’iPad, ovvio, ndr) dove la libertà è senza limiti». Libertà senza limiti! Che incommensurabile, tronfia e trombonesca fesseria! Che esemplare repubbliconata! Mica finiscono qui le trombonate, gentile lettrice. Scrive infatti Zucconi: «Come disse Sandro Pertini (immancabile trombonesco richiamo delle più spericolate trombonate, ndr) nelle sue indimenticabili parole al terzo gol dell’Italia mondiale in Spagna, “adesso non ci prendono più”». E vuol saperne, gentile lettrice, la ragione? Questa: «La libertà di informazione, di comunicazione, di stampa, diventa ora completamente portatile». Sia chiaro, lungi da me tenere lezioni a un grosso calibro del giornalismo qual è Vittorio Zucconi, ma «portatile», in italiano, si dice di oggetto la cui funzionalità risulti definita da un ingombro e da un peso così limitato da consentire un agevole trasporto a mano. Stando così le cose - e le cose stanno così - quanto a portabilità il quotidiano cartaceo batterebbe il «pianeta di pochi centimetri quadrati» e di svariati etti di peso dieci a zero. Peccato però che dalla stampa sia esclusa la libertà di stampa, la quale, zucconianamente parlando, risiederebbe solo nella versione digitale della stampa medesima. Concetto arditissimo, questo, che Ionesco avrebbe di molto apprezzato.
Per dare ancor più vigore alle sue, diciamo così, idee, Zucconi cala infine l’asso di bastoni dell’antiberlusconismo affermando che la tavoletta - grazie alla quale, come ben sappiamo, «la libertà è senza limiti» - fa strame dei «regimi che vogliono nascondersi dietro le censure, le leggi, le polizie», fa strame, in sostanza, della «legge bavaglio». Perché? Come perché? Perché con il «pianeta di pochi centimetri quadrati» dove è atterrata, patapùnfete, la Repubblica «non ci potranno più essere sequestri di pacchi di giornali fastidiosi o falò di pubblicazioni proibite» (io non ho ricordo di roghi e sequestri della Repubblica, però devo ammettere che è difficile immaginare falò di iPad).

Che sarebbe come dire, zucconianamente parlando, che le automobili non sono mosse da un motore, ma dalle ruote.

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