L’ira di Penati: «Il Prof non parla al Nord»

Il presidente ds della Provincia di Milano avverte: «Mantenga le promesse, oppure si gioca il futuro del Partito democratico»

Gianandrea Zagato

da Milano

«Suggerirei a Francesco Rutelli di evitare semplificazioni pericolose: infatti, Malpensa non è il tallone d’Achille dell’Alitalia come lui sostiene. Malpensa ha una vocazione che è e deve continuare a essere di aeroporto internazionale, intercontinentale. Alitalia ha invece una situazione di deficit che richiede interventi massicci se non si vuole andare verso il fallimento e che necessita di un piano di rilancio, anche con partnership». Certezza che il ds Filippo Penati, presidente della Provincia di Milano, accompagna con un altro obiettivo: «Non è più rinviabile l’esigenza di fare ordine nel sistema aeroportuale del Nord: infatti, tra Torino e Trieste abbiamo uno scalo ogni cinquanta chilometri ed è, quindi, chiaro a tutti che mangiano e rosicchiano quote a Malpensa».
Che fa, presidente, dà addosso al governo Prodi? Prende atto che queste mosse politiche della sinistra risultano indigeste al Nord?
«Sì, credo che le prime mosse del governo non parlino alla società del Nord. C’è il rischio di non dare rappresentanza alle espressioni sociali del Settentrione. Che serve? Maggiore attenzione ai temi dello sviluppo e rispetto degli impegni presi sul fronte delle infrastrutture. E ricordando che le politiche di sviluppo del Paese passano anche attraverso Malpensa, la possibilità di potenziare i collegamenti intercontinentali».
Be’, promesse al Nord dal conservatore Romano Prodi ne sono state fatte.
«È il banco di prova: il mantenimento di quanto garantito al “tavolo per Milano”».
Altrimenti?
«È un avverbio che il Nord non deve conoscere».
Intanto, la Finanziaria taglia gli investimenti in opere pubbliche della sua amministrazione.
«Il trenta per cento degli investimenti in meno. Attendo che l’organo legislativo incrementi gli stanziamenti per le opere infrastrutturali. E, attenzione, anche in questo si gioca il futuro del partito democratico al Nord».
Che vuol dire?
«Di che stiamo parlando? Di una Finanziaria severa per gli enti locali e di una sinistra moderna che deve rappresentare i temi del lavoro e i soggetti di questo mondo del Nord, dove c’è una piccola e media impresa che reclama attenzione ma c’è pure lavoro precario a fianco di quello stabile. E penso, ad esempio, al caso Milano dove si gioca la sfida più alta e dove non riusciamo a rappresentare i bisogni della parte più avanzata della società».
Traduzione: il partito democratico ha senso solo se rappresenta anche questi soggetti.
«Già, la Casa delle libertà ha riacciuffato all’ultimo minuto della campagna elettorale i ceti produttivi del Nord e si è proposta come il baluardo, l’ultima linea di difesa di ciò che questi oggi possiedono. Ecco, il partito democratico deve essere in grado di suscitare in quei ceti - autonomi, partite Iva e dipendenti - una nuova speranza, quella di essere protagonisti dello sviluppo del Paese».
In sintesi: realizzare quello che la sinistra non è riuscita a fare?
«Ma con un’aggiunta: il partito democratico è quello dei lavoratori, difende i lavoratori e i precari e interpreta le esigenze di un mondo economico in una società avanzata.

Come dire: non disperdere i valori della cultura del passato e non fare un’operazione di architettura politica».
Presidente Penati, ma i lavoratori vecchi e nuovi del Nord, poi, sono lasciati senza autostrade e, magari, pure a terra.
«Non siamo “tafazzisti”».

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