L’Italia dei fannulloni svela i nervi scoperti di sindacato e sinistra

Montezemolo smentisce il titolo di un quotidiano ma Cgil, Cisl e Unione parlano di attacco ai lavoratori e mettono sotto accusa gli industriali

da Roma

Cronache marziane dal pianeta parti sociali. A Luca Cordero di Montezemolo un quotidiano (la Repubblica) fa dire in un titolo: fannullone un italiano su due. Tanto basta per innescare una polemica al «calor bianco» fra Confindustria e Cgil. Quando poi si scoprirà che Montezemolo non ha mai pronunciato la parola «fannulloni» (lo dice apertamente in una lettera al direttore de la Repubblica), tutto si placherà d’incanto. Prima, però, sono solo cronache marziane.
Guglielmo Epifani si scopre operaista (d’altra parte, parla a Mirafiori, prima dei fischi) e rispolvera slogan un po’ datati: almeno di una trentina d’anni. «Quando Confindustria parla di produttività pensa di intensificare i ritmi di lavoro, ma non può farlo come chiede, avendo le mani libere. Non glielo consentiremo». E giù applausi. Per il segretario della Cgil la frase (poi smentita da Montezemolo) sui fannulloni, ed ancora di più le parole del direttore generale di Confindustria, Maurizio Beretta, puntano dritte al problema della produttività. «Il problema, però - spiega Epifani - non deriva dal fatto che si lavora poco, ma dal fatto che le imprese non fanno investimenti nel cambiamento produttivo. Confindustria vuole decidere da sola i sabati da fare, i nuovi turni, possiamo avere la forza o meno di contrastare il disegno delle imprese, ma non daremo loro alcun automatismo perché vorrebbe dire considerare i lavoratori come pacchi da spostare da una parte all’altra».
Ad Epifani, in questa polemica surreale, risponde Alberto Bombassei, vicepresidente della Confindustria. «Quando il segretario della Cgil dice che ponendo il tema della produttività gli imprenditori pensano a intensificare i ritmi di lavoro, ricorre a una demagogia così banale che pensavamo non facesse più parte di nessun repertorio». In realtà - aggiunge - «la Confindustria vuole porre al centro delle scelte l'obiettivo strategico della crescita. Più crescita significa più ricchezza prodotta, più posti di lavoro, salari più elevati in funzione di una migliore produttività e di migliori risultati».
Senza mezzi termini, e inseguendo Epifani sulla stessa terminologia, il vicepresidente degli industriali osserva che «la politica dei no, il rifiuto di discutere dei veri problemi, è contraria agli interessi di tutti, compresi i lavoratori, che in molte realtà nei comportamenti concreti esprimono su questi temi una cultura più avanzata di chi li rappresenta».
A queste cronache marziane partecipa anche Luigi Angeletti. Il segretario della Uil prova a scegliere una via di mezzo fra le accuse (mai fatte) di italiani fannulloni e le repliche operaiste di Epifani. «Ci sono fannulloni sia fra i lavoratori sia fra gli imprenditori», commenta il leader della Uil. Interviene a gamba tesa pure Riccardo Villari, responsabile Riforme della Margherita: «Montezemolo è ingiusto e ingeneroso. Ci sarà anche qualche fannullone ma se esistono problemi le responsabilità vanno anche individuate in chi è al timone di una barca, non solo in chi tira i remi».
Viste le reazioni, Montezemolo prende carta e penna. Oltre a smentire il termine «fannulloni» precisa: «Ho detto più volte che viviamo in un Paese in cui una parte produce, compete, fa il suo dovere nelle fabbriche, nell'economia, nella società e accetta il merito. Un'altra, invece, gode di piccole o grandi rendite di posizione, respinge il merito e vive della crescita costruita da quell'altra parte, che è quindi costretta a farsi carico anche di questo fardello».

Quindi il leader della Confindustria torna a lanciare l’appello: «l’Italia deve ritrovare fiducia nel futuro... Vuol dire aprirsi al confronto per trovare soluzioni migliori e non rifugiarsi nella difesa di interessi di parte». Magari anche negli interessi di qualche fannullone.

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