L’Italia no Cav s’attacca al dito di Bossi

RomaDa tempo poco loquace, Bossi ha abituato i cronisti a salti mortali per decifrare il suo pensiero. Spesso barcolla nel cortile di Montecitorio e molla vigorosi cazzotti sul palmo della mano aperta di chi gli capita a tiro. Assillato dalle domande dei giornalisti, qualche volta tace e sbuffa; qualche volta grugnisce; qualche volta risponde rauco e a monosillabi tipo «Vedremo»; o «Aspettiamo»; o «Resistiamo»; «Va bene»; «Chissenefrega»; «Stiamo attenti»; «Padania»; «A casa».
Ermetico e sibillino, il Senatùr è anche avvezzo a parlare a gesti. Sovente inequivocabili. Come quando, a commento dello strappo di Fini nel luglio dell’anno scorso, alzò ruspante il dito medio: segno magari non elegantissimo ma chiaro e per nulla ambiguo. Il dito medio è quasi un suo tic: lo ha drizzato nel 2008 parlando dell’inno di Mameli, aggiungendoci anche un aspro «Tohhh!»; lo ha spesso mostrato ai flash dei fotografi da dietro il finestrino sigillato della sua auto; lo ha utilizzato l’estate scorsa, davanti alle telecamere di Sky, per liquidare l’ipotesi di un governo tecnico. Gli piacciono i gesti e pure i suoni, all’Umberto. Adora le pernacchie, per esempio. Maggio: «Cosa risponde a Formigoni che dice che i ministeri al Nord non servono?». E lui: «Prrrr». Settembre 2010: «Ministro, Fini non si dimette...». E lui: «Prrrr». Novembre 2010: Saviano parla della ’ndrangheta al Nord e lui: «Prrrr».
Messaggi metalinguistici espliciti e limpidi cui Bossi ricorre per farsi capire meglio. Ieri, però, nonostante il nostro abbia utilizzato un altro dito, e non il medio, per dire che «no, non avrebbe aperto bocca», è scoppiato il giallo. Il Senatùr è uscito da Montecitorio diretto a palazzo Chigi: solita selva di giornalisti che Bossi ha cercato di dribblare. «Ministro, ministro... Il governo va avanti? Ministro...». E lui muto come un pesce. «Ministro... Il governo tiene o no?». A un passo dalla salvezza, cioè dalla sua auto, il Senatùr ha mostrato il pollice verso senza pronunciare una sillaba. Poi, sblam: e la portiera dell’automobile si è chiusa ermeticamente. Cosa avrà voluto dire con quel gesto? Tanto è l’ansia di vedere il Cavaliere a gambe all’aria che l’interpretazione più accreditata è stata subito quella del «governo kaputt». Bossi, il più padano dei padani, con quel segnale ambiguo è diventato il più romano dei romani. Anzi, romano antico. «Il Senatùr ha voluto dire che il gladiatore Berlusconi è sconfitto, finito, morto e sepolto», la tesi più gettonata.
Peccato che il sogno degli antiberlusconidi - quello di un capo della Lega intenzionato a staccare la spina al governo - sia stato sbriciolato di lì a pochi minuti con la precisazione dell’ufficio stampa del Carroccio: «Il pollice verso non era una risposta sulla tenuta del governo ma era diretta ai giornalisti per dire che il Senatùr non intendeva rispondere ad alcuna domanda». Persino Berlusconi ha dovuto puntualizzare che quel dito era «rivolto a voi giornalisti» e non all’esecutivo.
Sebbene pressato da molti affinché faccia naufragare la «nave Berlusconi», Bossi prepara il suo show di Pontida, mai come oggi sotto i riflettori. La situazione è tutt’altro che rosea: le due sberle delle amministrative e del referendum si sono fatte sentire e la pancia del Carroccio brontola. Domenica sarà il momento cruciale non solo per la Lega ma anche per il governo. Cosa dirà il Senatùr? «Farà la voce grossa ma non ci sarà alcuno strappo», giura qualche leghista. Di certo - e questa è una novità assoluta - sul sacro prato si sentirà soltanto la sua di voce. Niente colonnelli, niente “cerchio magico”, niente ministri.

La motivazione? «Far capire a tutti che l’Imperatore, nella Lega, si chiama solo Umberto», dice un anonimo leghista. E soprattutto nascondere che nel Carroccio, tra i colonnelli, ormai volano gli stracci. Pare che ieri, infatti, ci sia stata una lite furibonda tra Calderoli e Maroni.

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