L’odissea sui treni d’Europa: in tilt perfino tedeschi e svizzeri

Cinque treni e 14 ore e mezza per tornare a Milano da Amsterdam. Con sorpresa: un treno tedesco e quello svizzero che cambiano destinazione. Informazioni sbagliate. Itinerario cambiato in corso d’opera. Chi se l’aspetterebbe dalle più efficienti aziende ferroviarie del mondo, in assoluto le più celebrate? Invece è così. I tre treni (due cambi) programmati diventano, in mezzo all’Europa, cinque, con quattro cambi. E devo considerarmi fortunato: altri viaggiatori proseguivano per Bologna, per Bari, per Napoli. L’Europa in un giorno solo: attraversarla non è come sorvolarla. Mille chilometri attraverso civiltà diverse, anche ferroviarie.
Il mio volo di ritorno da Amsterdam è fissato per domenica, alle 20.50. Giovedì sera realizzo che il rischio di non partire è forte e comincio a pensare al treno. I collegamenti verso Germania e Italia sono effettuati dalla Deutsche Bahn, ma non acquistabili su Internet. L’indomani alla Centraal Station la coda per i biglietti internazionali è chilometrica: Schipol è un aeroporto immenso e i passeggeri si sono riversati qui. Decido di andare ad acquistare il biglietto a Rotterdam, un’ora di distanza, per evitare la ressa: ma rimane il rischio di non poter prenotare.
Invece, dopo un’ora di attesa confortevole, ecco il biglietto da Amsterdam per Milano, con due cambi, a Colonia e a Zurigo: 12 ore di viaggio. I biglietti sono corredati dalle informazioni su orari, treni, persino i binari dei cambi. Costo della prima classe, 400 euro: è la tassa da versare al vulcano. Il primo treno, alle 8 del mattino, è un fiammante Ice (il Frecciarossa tedesco) nuovissimo, sedili in pelle, cristalli, legni, spazi ampi, silenzio assoluto. Spacca il minuto. A Colonia invece l’Eurocity è più vecchiotto e porta 20 minuti di ritardo. Il mio timore è di perdere la coincidenza. Le indicazioni sono inequivocabili: la destinazione è Zurigo, è il treno giusto. Gli annunci all’altoparlante sono in sola lingua tedesca: per un Eurocity è inaccettabile, anche sulla Milano-Venezia si danno informazioni in inglese. E solo all’ultimo, bilingue, arriva la sorpresa: il treno termina la corsa a Basilea, scendere tutti. Nessun perchè, solo l’invito a recarsi in stazione per trasformare il biglietto in quello del treno alternativo, alle 17.28. Invece su quel treno non c’è più posto. La soluzione offerta è un convoglio per Chiasso, e lì un ulteriore cambio per arrivare a Milano Porta Garibaldi, e non a Centrale. Non c’è che da accettare.
Confortevole, ma più familiare la nuova carrozza, che questa volta è di un treno svizzero. E si vede: annunci in tre lingue, display con le informazioni di viaggio, puntualità, neanche dirlo, con una tolleranza di 15-20 secondi al massimo. Ma il treno - nuova sorpresa - non va a Chiasso. Si ferma a Lugano. Un gentile conduttore informa personalmente tutti i passeggeri, uno per uno. Spiega che il treno è stato «requisito» per poter essere rimesso in circolazione immediatamente, vista l’eccezionalità della giornata. Nessuno protesta, nessuno ne ha la forza.
A Lugano il treno diventa un trenino, tre carrozze di un regionale nuovo fiammante, simile a una metropolitana: un Tilo (Ticino-Lombardia), che forse è il sogno di qualunque pendolare. Luminoso, pulito, ben allestito, spazioso, il meglio della collaborazione Bombardier-Alstom; è lì, sul binario a fianco, speciale per noi. Il controllore viaggia con noi e continua a dispensare assistenza. A Chiasso, mezz’ora dopo, il Tilo affianca l’ultimo treno che, finalmente, ci porta a Milano. Dal paradiso all’inferno: è il segmento infimo di tutto il viaggio - l’unica tratta italiana - su un vecchio regionale, di almeno 40 anni, che forse rappresenta invece il vero incubo dei pendolari.

Si vede che, sì, è stato pulito: ma i graffiti non vengono via, il pavimento è consumato, il tessuto ha un colore ormai indefinibile, i vetri sono opacizzati. C’è puzza di freni, una porta chiude male, ferma a tutte le stazioni. Ma alla fine io arrivo a casa. Mentre il gruppo che ha fatto il mio stesso percorso dovrà passare ancora tutta la notte in treno.

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