L’ombra di D’Alema corre sul filo

Fabrizio Ravoni

da Roma

Il segreto peggio, o meglio (dipende dai punti di vista), custodito di Roma. L’operazione Telecom la conoscevano tutti. A Cernobbio, Tronchetti Provera l’avrebbe illustrata a grandi linee a Prodi e Padoa-Schioppa. Bersani sarebbe stato informato, sempre sulle generali, in un incontro riservato; così come pure Fassino. Nei dettagli la conoscevano due collaboratori del presidente del Consiglio, con ufficio a Palazzo Chigi. Il perché Prodi dica che non sapeva dell’operazione è un problema fra lui ed il suo confessore. E/o i suoi collaboratori. E/o la sua maggioranza. Già, perché la presa di posizione del Professore ha subito scatenato i sospetti. E la gara a chi, all’interno dell’Unione, si diceva più «sconcertato» dall’operazione.
In verità, appena l’8 settembre scorso era uscita da Palazzo Chigi una nota ufficiale che assicurava l’intenzione del governo di «tutelare l'autonomia e i progetti delle grandi aziende italiane». Nei giorni che hanno preceduto il suo «11 settembre politico», Tronchetti Provera ha fatto il giro di tutte le parrocchie, o quasi. Sembra si sia dimenticato, per esempio, la Margherita di fede rutelliana; mentre avrebbe informato quella di fede «mariniana», con terminali nell’Autorità delle Comunicazioni. Così, gli altri - i rutelliani, ma non solo loro - hanno iniziato a sospettare che dietro l’operazione Telecom ci potesse essere un «complotto» di matrice dalemiana. Convinzione accreditata, durante la giornata, dalla posizione di Prodi: indignato dall’essere rimasto all’oscuro dell’operazione. E confermata - in questo gioco complottistico di cui si nutre la maggioranza - dalla cautela dei ds, Fassino in testa, a non seguire il presidente del Consiglio nelle critiche all’operazione. Al punto che è bastato che il dalemiano Latorre dicesse «siamo meno sconcertati di Prodi, ma non per questo disattenti», per innescare le interpretazioni su chi fosse il regista politico dell’operazione Telecom.
Sono tornate in mente altre operazioni famose, come quella Bnl-Unipol, che se fosse andata in porto avrebbe poi creato un braccio finanziario in grado di scalare Telecom. Sono rispuntati, come per miracolo, i «capitani coraggiosi» di D’Alema ai tempi dell’altra scalata Telecom. E perché no? c’è pure chi ha azzardato un coinvolgimento del Corriere della Sera in tutta l’operazione: baluginando chissà quali triangolazioni azionarie.
Ma sono state soprattutto balenate ipotesi di intervento pubblico su Telecom. In modo particolare, dopo che alcuni esponenti della maggioranza e di governo (Lanzillotta e Di Pietro) hanno iniziato a parlare di un intervento dello Stato per salvaguardare un interesse nazionale. Secondo lo schema messo a punto nelle segrete stanze (vere o presunte), la presenza pubblica dovrebbe scattare al momento della quotazione della rete Telecom. Lo schema prevede che Tronchetti possa portare in Borsa, non in tempi brevissimi, la rete di infrastrutture, con una quota destinata alla Cassa depositi e prestiti (i rumors parlano del 30%). Enrico Morando, ds, sarebbe favorevole all’operazione. «In questo modo - dice - si ottiene una riapertura del mercato, come si è già fatto nel campo dell’energia». Al momento, però, l’operazione viene esclusa da Bersani. «Non ci pensa Tronchetti Provera - dicono fonti del suo ministero - non ci pensiamo nemmeno noi». Eppure, già circolano stime sul valore della rete; e sulla partecipazione della Cassa depositi e prestiti nell’operazione.
Proprio queste voci hanno amplificato i sospetti che Tronchetti Provera abbia ricevuto da qualcuno della maggioranza un via libera politico all’operazione Telecom. Per tutta la giornata, il presidente di Telecom sembrava essere diventato un untore: non lo aveva visto nessuno. All’appello hanno risposto quasi tutti in modo deciso. Ed il silenzio ufficiale dei dalemiani, con Massimo in testa, è stato interpretato dal resto della maggioranza come una silente ammissione. Ma si sa, la politica si nutre di questi giochi di specchio.
Chi, invece, vuoi per formazione personale e professionale, va dritto al problema è Antonio Di Pietro.

In un suo blog, il ministro chiede maggiori controlli su Olimpia: «detiene il pacchetto di controllo di Telecom ed ha le azioni in carico al doppio del suo valore». Un altro dei segreti meglio, o peggio (secondo i punti di vista), custoditi di Roma.
Fabrizio Ravoni

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