L’Orchestra del Qatar e la «presa» della Scala

Stipendi appetitosi, dai 3mila dollari in su, gratuità per case e istruzione dei figli. E poi, niente tasse. Così, come sta accadendo a imprenditori e professionisti di tutto il mondo, anche 101 musicisti hanno ceduto alla sirena delle laute offerte del Golfo. Cento professori d’orchestra, selezionati fra più di duemila, in rappresentanza di trentatré Paesi, da ottobre vivono nella desertica Doha dove lavorano nell’Orchestra Filarmonica del Qatar. In questi giorni, il complesso approda per la prima volta in Italia, condotto da Lorin Maazel, un direttore di lusso e amante del lusso, dunque intrigato da un progetto di novità assoluta ma pure dai cachet stellari che gli sceicchi elargiscono senza batter ciglio. Sceicchi e sceicche, perché è cosa nota che è la fascinosa Mozah Bint Nasser Al-Missned, consorte prediletta dell’Emiro Hamad Bin Khalifa al Thani, a voler fare di Doha una seconda Abu Dhabi, una seconda isola mediorientale di cultura. E quindi si parte dalla musica, dalla musica coltivata in Occidente ma sempre più apprezzata anche nei Paesi del Golfo, addirittura uno status symbol. Per inciso, ricordiamo che la signora Mozah, dall’alto del palco reale, ma dietro al marito, era la vera icona dell’eleganza alla prima della Scala del 2007. Così, capita che Lorin Maazel, il direttore più istintivamente direttore di questo ultimo mezzo secolo, porti in giro per l’Europa la Qpo. La conduce pure a Milano, alla Scala, domani (ore 16, ingresso prezzo speciale euro 10-20), in occasione della presentazione del Festival MiTo. Dopo il debutto italiano a Palermo, e prima dell’addio a Lucca. Il complesso ha avuto il suo battesimo in America, al Kennedy Center di Washington, e sempre sotto la bacchetta di Maazel s’è fatto conoscere a Parigi, al Theatre des Champs-Elisées. Ora, quanto alle città di riferimento europee, è la volta di Milano e Berlino. L’Orchestra s’impegna a offrire circa quaranta concerti l’anno alla sua Doha. Freme per il nuovo auditorium che per l’anno prossimo sarà inaugurato nel Cultural Village, struttura da mille e una notte. Il repertorio, ci spiega Kurt Meister, managing director, «vuole essere un messaggio di pace. Ai classici d’Occidente affianchiamo pagine dei compositori arabi viventi, come di Marcel Khalife, compositore residente dell’orchestra, autore del pezzo che verrà presentato pure alla Scala assieme al Boléro di Ravel. L’amalgama fra i due mondi musicali raffigura il ponte Occidente e Medio Oriente». Meister, passato da musicista e poi manager dell’Orchestra della Radio bavarese (qui conobbe Maazel) è la mente di tutto. E ci informa che nella compagine vi sono pure due italiani: Simone Zanacchi, clarinettista, e Matteo Gaspari, contrabbassista. L’Orchestra del Qatar, così come il Festival Abu Dhabi Classics, che ha attratto nell’Emirato più grondante di petrolio del Golfo i Wiener, l’Orchestra del Festival di Bayreut, Lang Lang, Cecilia Bartoli eccetera, incarnano la voglia d’Occidente che si respira laggiù. Perché nel Medio Oriente continua ad affascinare il canto in filigrana, il ritmo flessuoso che sembra cadenzare il profilo delle dune, una musica che combina sacralità bizantina, magia persiana e il senso di immoto del «maqam», l’arabico sistema modale.

Non si nega una tradizione millenaria, ma lo sguardo è sempre più orientato verso la musica d’Occidente. Verso un mondo sonoro che è debitore di quanto avvenne a sud-est del Mediterraneo, in quella Mesopotamia dove tutto ebbe origine.

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