L’ultima corsa del velodromo dell’Eur

Dopo 48 anni è arrivato il giorno dell’addio per il velodromo delle Olimpiadi di Roma del 1960: alle 17.50 di ieri, con 125 chilogrammi di tritolo, è stato demolito, implodendo, nel cuore del quartiere Eur. Da uno dei simboli olimpici, da decenni era diventato un luogo fatiscente e un ritrovo per sbandati. Inaugurato ufficialmente il 30 aprile del 1960, l’impianto, dopo aver ospitato le gare di ciclismo nonostante non fosse stato possibile collaudarlo per i gravi problemi strutturali e statici subito mostrati a causa delle condizioni geologiche del terreno, nel tempo aveva subito movimenti e assestamenti di circa 85 centimetri l’anno. Nel 1968 il Coni, allora gestore dell’impianto, ne decise la chiusura definitiva. L’ultimo sprazzo di notorietà del velodromo risale al 20 settembre del 1975, quando Francesco Del Zio battè il record del mondo di ciclismo nella specialità di surplace. Su quella pista in legno Antonio Maspes aveva conquistato uno dei suoi primati mondiali e il 30 ottobre del 1967 il belga Ferdinand Bracke si era preso il record mondiale dell’ora.
Lentamente, quella struttura di cemento armato che occupava 55.500 metri quadrati, era diventata sempre più simbolo di abbandono e di degrado, ma anche di pericolo. Anni di dibattiti, progetti e polemiche fino alla svolta del 2003, quando fu decisa la trasformazione in città dell’acqua e del benessere, concordata con l’amministrazione capitolina e formalizzata nel 2003 in un accordo di programma tra Comune di Roma e Regione Lazio, sancito nel 2007 dai consigli regionali e comunali.
La scelta della demolizione, come ha ricordato Eur spa, viene fatta «normalmente per i più importanti monumenti, come ad esempio è avvenuto per Versailles», anche perché il velodromo non è da considerarsi un’opera monumentale né è sottoposto ad alcun vincolo. La nuova città dell’acqua e del benessere che sorgerà al suo posto manterrà infatti inalterato lo skyline della zona. Il progetto vincitore non potrà modificare in alcun modo l’idea originaria: verrà conservato il segno dell’invaso, l’andamento curvilineo della gradinata, il percorso anulare di coronamento con la gradinata stessa, l’involucro del fabbricato della tribuna principale. Lì sorgeranno 5 piscine, una megapalestra e in 5mila metri quadrati all’esterno: asilo nido, scuola materna, scuola media, centro anziani, ludoteca e nuovi uffici destinati al Municipio XII. Ciò consentirà la realizzazione di una rotatoria di alcuni chilometri di piste ciclabili.
Il 22 luglio scorso, dopo lo sgombero degli ultimi immigrati, erano state posizionate microcariche esplosive in 500 fori per un totale di 125 chilogrammi di tritolo per far implodere la parte pericolante del lato delle tribune.

La demolizione era però stata interrotta dalla magistratura per un esposto presentato da un comitato di cittadini, ma dopo la denuncia della situazione di pericolo è partita l’autorizzazione a procedere per motivi di sicurezza pubblica. Il suono di tre sirene, alle 17.50, ha decretato il crollo del simbolo di un’Olimpiade ormai lontana, accompagnato dagli sguardi commossi di abitanti del quartieri e di curiosi.

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