Roma«Sono connessa a tutte le Sofie Tolstoj del mondo!», esclama Helen Mirren, che ieri ha presentato, in concorso, il notevole The Last Station (Lultima stazione), dramma biografico firmato da Michael Hoffman, dove la sessantatreenne interprete inglese (premio Oscar per The Queen, nel ruolo di Elisabetta II) incarna splendidamente Sofia Andreevna Tolstoja, brillante moglie dello scrittore russo (Christopher Plummer), qui assillato da manie politiche e religiose. Di casa in Italia dove possiede una masseria (a Polignano a Mare, accanto a quella di Riccardo Scamarcio), la Mirren sottolinea il lato amoroso del film. «Andata sposa a un Tolstoj quarantenne, la diciottenne Sofia amava essere una contessa, una madre di tredici figli e una moglie felice. Ma quando si ritrovò accanto un uomo, che, di colpo, diventa vegetariano e sale su un treno per scappare dalla sua vecchia vita e, in fin dei conti, anche dalla sua famiglia, a lei non resta che affittare un treno, a sua volta, per seguirlo», spiega questa convincente testimonial di come si possano superare i sessantanni e rimanere piacevoli alla vista.
Nel film, dove recita anche Paul Giamatti (fa Valentin Cerchov, fanatico seguace di Tolstoj nellultimo periodo della sua vita, ossessionato dallutopia delluguaglianza sociale) vediamo lattrice indossare superbi abiti ottocenteschi. «Ne avevo uno per suicidarmi nel lago, uno per dire addio alla mia casa, un altro, per abbracciare mio marito in punto di morte, allultima stazione. È stata pura gioia cambiare un vestito elaborato dietro laltro». Candidata allOscar due volte, Helen è sposata con il regista Usa Taylor Hackford, che lha diretta nella singolare commedia «The Love Ranch» (Il ranch dellamore), dove una coppia di coniugi decide di aprire una casa di piacere in Nevada. «Mi sembra di migliorare con il tempo. Il segreto? È nel fatto che, eccomi qui, sto ancora in piedi e mi sento forte. Adesso avverto più leggerezza, intorno a me, meno attesa», osserva lattrice, che al festival se la batte con unaltra sessantenne più in gamba che mai, Meryl Streep, alla quale Michael Hoffman aveva pensato per il ruolo di Sofia. «Mi sta bene essere seconda a Meryl. È un onore. Mi sento anche di aggiungere che Meryl ha rinunciato a un bellissimo ruolo. Alla nostra età, ancora ci mettiamo a competere. Altro che panchinare!», ride lei, di recente accanto a Russell Crowe nel thriller State of Play.
Attrice non per caso, la Mirren racconta che, da piccola, era timida e chiusa: «Ero introversa, però non priva di coraggio. E desideravo fare la bohémienne. Sapevo dessere uneccentrica e tale consapevolezza, o illusione, mi ha dato la forza per andare avanti».
Per la realizzazione del film, girato in Germania da un cast anglofono, sono stati essenziali gli eredi della famiglia Tolstoj, il pronipote Vladimir e la figlia Anastasia, ma anche i discendenti del ramo italiano, il cui cognome, oggi, fa Albertini. «Avere radici russe mi ha aiutato molto.
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