L’ultimo ko di Fragomeni: «Ho salvato un tifoso dalla droga»

«Futuro incerto, felicità a momenti». Giacobbe Fragomeni lo ripete come un tormentone. L’idea e la battuta gli piacciono da matti. Lo ha provato nella vita e conta di non dimenticarsene, anche ora che il futuro è meno incerto e la felicità ha momenti più lunghi. La felicità di Fragomeni, Gabibbo pelato e dal corpo tatuato, sta sul ring. Il futuro in tutto ciò che i pugni gli hanno procurato. È caduto e si è rialzato, lottando vorticosamente contro il destino. Come nell’ultimo mondiale, riacciuffato con un pari dopo essere andato due volte al tappeto. «Quel match è stato il riassunto della storia della mia vita: quando sei in fondo risali, basta non arrendersi», racconta riannodando i fili dei ricordi.
Uscito da una vicenda di droga e di vita quasi perduta, Fragomeni oggi è una sorta di icona per chi voglia scappare da quel buio. Lo ha descritto in un libro, in un film, va nelle comunità. E parla, racconta, spiega, induce alla tentazione di venirne fuori. Lo dice con la semplicità e la purezza di un ragazzo che tutto potrebbe rappresentare, tranne un boxeur con l’animo e il coraggio del gladiatore antico. Non c’è nulla di enfatizzato in questa descrizione: ti sorprende così. È tanto naturale sia che tiri pugni veri, sia che ci provi per finta. Per questioni di business, qualche giorno fa è salito sul ring della palestra Doria, ed ha spiegato e rappresentato l’ultimo videogame inventato dalla Nintendo. Si chiama «Punch Out» (con telecomando Wii), è un bel divertimento per ragazzini che vogliono provare l’effetto boxe, tiri pugni virtuali, c’è Little Mac, la controfigura pugilistica di Fragomeni, che combatte contro tutti.
Giacobbe vince anche nei match virtuali. Ma sa vincere in tanti modi: lo ha scoperto prima di salire sul ring dell’ultimo mondiale a Roma. «Mentre gli stavo fasciando le mani, tira fuori dalla tasca una lettera e mi dice: guarda, me l’ha scritta il papà di una persona. Mi ringrazia, perché il figlio sta uscendo dalla droga grazie alle mie parole», racconta Salvatore Cherchi, il suo manager. Che bello squillare di novità. Fragomeni approfondisce, senza calcare sulla sua parte. «Non ho fatto molto, gli ho messo a disposizione il mio cuore. Sono andato alla comunità Alfa-Omega di Lodi, lo faccio per loro e per me, per liberarmi della mia storia. Questa persona era un imprenditore caduto in un fallimento, è andato in crisi. Droga e altro: è diventato un vegetale. Sembrava irrecuperabile. Ha ascoltato, gli ho regalato un sacco e i guantoni. A poco a poco, gli hanno tolto barbiturici e pastiglie, adesso reagisce».
A tutti regala lo stesso suggerimento: «Non mollate mai». Oggi Fragomeni ha 40 anni, per un pugile è già età da pensione. Ma per chi ha visto di peggio è il momento della «felicità a momenti». Ci sarà tempo per altri due mondiali e per sognare. Che cosa? Una favola da gladiatore.

«Mi piacerebbe combattere a San Siro: non perché tifo Milan, ma per sentirmi davvero un pugile dei tempi antichi. Sarebbe ideale un mondiale subito dopo una partita del Milan. O meglio: quando c’è il derby». Impossibile? Boh! Il futuro è incerto, ma per la felicità basta attendere il momento.

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