Roland Petit, uno dei più grandi coreografi contemporanei si è spento ieri a Ginevra all’età di 87 anni. Era nato in Francia a Villemomble nel 1924. Petit ha lavorato nei più importanti teatri del mondo e collaborato con imponenti figure del panorama culturale come Serge Gainsbourg, Yves Saint-Laurent, Cesar e i pittori Jean Carzou e Max Ernst. Ha messo la sua arte al servizio del musical come del balletto classico, di Bach come dei Pink Floyd.
Ieri a Ginevra una leucemia ha spento quel vulcanico artista francese, parigino per nascita (a Villemomble), formazione e primi passi professionali, ma per metà italiano. Roland Petit. Era figlio di Rose Repetto, la creatrice delle mitiche scarpette ballerine, fu lei la prima a lanciarle, nel secondo dopoguerra. Con le sue 120 creazioni, anche Petit ha precorso tempi e tendenze. Gigante lui, gigante il collega Béjart, i media spesero almeno due decenni a tessere raffronti, animare dialettiche e competizioni fra i due. A questo punto, tirato in ballo, Petit preferiva smarcarsi dallo spirito rivoluzionario di Béjart definendosi un conservatore. La realtà è che lui è stato più rock di Celentano. Nel 1972 volle i Pink Floyd a Marsiglia, nel suo quartier generale, affinché suonassero dal vivo per l’ultimo nato, il Pink Floyd Ballet. Petit era cresciuto nella Parigi rinverdita dalle novità del coreografo russo Diaghilev, e sempre applicò il credo di Diaghilev: un grande balletto nasce dalla cooperazione di talenti, il coreografo, compositore, librettista, pittore, e costumista. Petit, personalità di quelle fulminano, seppe coinvolgere nei propri lavori artisti come Picasso, Jean Cocteau, Jacques Prévert, per i costumi Dior e Yves Saint-Laurent.
Petit si era formato nel tempio della danza, l’Opéra di Parigi, che lo ebbe allievo a nove anni, gli diede un contratto a quindici anni promuovendolo a solista l’anno dopo. Lui, anima inquieta e prodigio della coreografia, a 21 anni era già fuori, metteva mano alle sue prime coreografie e compagnie di ballo. Prima fondava i Ballets des Champs-Elysées, quindi i Ballets de Paris, nel 1972 il Balletto nazionale di Marsiglia che diresse per 26 anni creando anche una scuola di danza. Entro i 25 anni, già aveva dato alla luce tre capolavori come Les Forains, Le Jeune Homme et la Mort, su soggetto di Cocteau. E via con una serie di lavori entrati nel repertorio dei teatri, come Coppelia o Notre Dame de Paris. E naturalmente Carmen, confezionata su misura di Zizi Jeanmarie, amica d’infanzia, quindi musa ispiratrice e inseparabile moglie. Sarà lei, che ballava e cantava, a portarlo anche sulla via del music-hall, tra cui l’Alhambra di Broadway ma pure il Casino di Parigi che poi Petit si comprò nel 1970 e diresse per cinque anni.
Colse poi al volo l’avventuradi Hollywood firmando, tra l’altro, la coreografia di Papà Gambalunga con Fred Astaire, suo idolo di gioventù. Durante i soggiorni in California, entrò nel vivo delle serate hollywoodiane. Pare che alle sue feste fosse presente il bel mondo dell’arte e cultura degli States dell’epoca. Tra i suoi ospiti, Charlie Chaplin. Era un invitato, certo, ma chi mai si immaginava che si sarebbe presentato quel dì? E invece, «fu il primo ad arrivare. Ricordo che aprii la porta e mi trovai di fronte un omino che sembrava in bilico su un piedistallo...», raccontò Petit a un giornale. Dotato di uno humour irresistibile, alla classica domanda che si pone alle leggende del settore, ovvero come è cambiato x o y (in questo caso la danza) nel tempo, rispondeva: «C’è del buono e del cattivo.Molto del cattivo e un poco di buono».Così come all’idea che la regola vuole che si nasca e viva ballerini, per poi passare alla coreografia nell’età adulta diceva «Miei cari, se Mozart avesse cominciato a suonare il pianoforte a 45 anni, saremmo contrariati considerando che morì a 38».
L’ultima sua volta in Italia è stata nel dicembre 2010,all’Opera di Roma, per una serata in suo onore. Al termine dello spettacolo, chiamato sul proscenio dai ballerini, ha pure accennato qualche passo di danza.
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