L’ultimo viaggio di Billy, la balena del Tamigi

Londra piange la sua morte. In migliaia hanno seguito le fasi di salvataggio accompagnando con applausi l’opera dei soccorritori

Nino Materi

Se ci fosse stato l’atteso happy end, in questo momento Billy (come l’ha ribatezzata la stampa britannica) avrebbe dovuto nuotare nel suo amato oceano. Invece l’epilogo è stato da favola «nera», di quelle che fanno piangere i bambini. Con la differenza che ieri, con le lacrime agli occhi, c’erano anche i «grandi»: milioni di uomini e donne che da ogni parte del mondo, utilizzando i più diversi mezzi di informazione, hanno vanamente tifato per Billy. Lei - la «balena di Londra» - ce l’ha messa tutta ma, una a pochi chilometri dal mare, ha smesso di respirare, morendo sulla chiatta che la stava trasportando verso la «libertà». Un viaggio certo poco glorioso per una balena abituata agli spazi enormi dell’oceano e finita, chissà come, nel letto angusto del Tamigi: una parentesi fluviale che per l’iperodonte dal rostro (cetaceo appartenente alla famiglia dei Zifiidi) ha segnato l’inizio della fine. Così è morta la Billy che due giorni fa si era inopinatamente trovata in mezzo alla City. Ma, complice forse la vicinanza al Big Ben, ieri pomeriggio per il cetaceo è scoccata l’ultima ora. Eppure la giornata era cominciata all’insegna dell’ottimismo. Quella che i media di tutto il mondo hanno definito la «balena dal naso a bottiglia» era stata caricata su una chiatta. Destinazione: l’estuario del Tamigi e, da qui, la prospettiva azzura e l’orizzonte senza fine del mare.
Ma ripercorriamo gli ultimi momenti di Billy. Dopo un giorno e mezzo di tribolazioni, le squadre di soccorso erano riuscite a trarre in salvo il cetaceo intrappolato nelle acque del Tamigi. Quando hanno visto il suo corpo pesante avvolto nel grande salvagente giallo venir gentilmente posato sulla chiatta di salvataggio, i tremila spettatori che avevano seguito col fiato sospeso la delicata operazione erano scoppiati in un applauso liberatorio. Perché ormai da ore Londra stava seguendo con il fiato sospeso la vicenda sorprendente di questo pacifico gigante del mare, smarritosi sotto i ponti della capitale britannica. L’idea che si fosse all’improvviso ritrovato da solo, separato dal suo branco, disorientato e ferito, incapace di ritrovare la strada verso il mare aperto, aveva commosso un po’ tutti. E alla sorpresa iniziale di venerdì, quando alla radio era stato annunciato quasi scherzosamente, che una balena era stata avvistata nei pressi di Westminster, era seguita la grande angoscia delle ultime ore trascorse nella paura che la balena potesse perfino venir abbattuta per mettere fine alle sue sofferenze. Ieri, verso mezzogiorno, nei pressi del ponte di Battersea quella che sembrava la svolta della salvezza e che, invece, si è rivelato il triste prologo della morte. Il mammifero ce la fa a raggiungere l’acqua bassa, quasi si arena sulla spiaggia e i soccorritori riescono finalmente a bloccarla. Dopo un primo rapido esame dei veterinari, la balena viene adagiata in uno speciale supporto galleggiante che la mantiene costantemente bagnata mentre una gru la solleva e la deposita il più delicatamente possibile su una chiatta vicina. I primi esami sulle condizioni dell’animale sono abbastanza confortanti: «Il cetaceo potrebbe venir rilasciato nelle prossime ore», si erano sbilanciati i veterinari.
«I primi controlli che hanno fatto gli esperti - aveva spiegato ieri Mark Stevens della «British Divers Marine Life Rescue» - sono stati un esame del sangue e un test a ultrasuoni per capire quanto grasso le era rimasto addosso»; anche il respiro, in un primo tempo, era stato ritenuto «accettabile» considerata la particolare situazione.
«Questo non significa automaticamente che la libereremo subito - aveva precisato il portavoce del gruppo di soccorso - prima è necessario attendere il risultato globale degli esami veterinari. Se infatti dovesse risultare troppo debole esiste il pericolo che una volta rilasciata alla foce possa venir respinta nuovamente al punto dov’è stata ritrovata».
Intanto si decide di cambiare le modalità scelte per la liberazione. I soccorritori sono intenzionati ad accompagnare «Billy», facendo trainare la chiatta in alto mare da un’altra nave, ma visto il deterioramento delle condizioni del cetaceo, il piano viene cancellato. Si decide di rimettere la balena in acqua appena fuori dell’estuario del Tamigi. I commenti si fanno però sempre più foschi: «La balena è debolissima, potremmo anche decidere di sopprimerla. Se riterremo che non abbia possibilità di sopravvivenza, saremo costretti a farlo». Rimane il mistero su cosa abbia spinto un cetaceo, originario del nord-atlantico, a spingersi fino al centro della capitale inglese. Ogni ipotesi rimane aperta, mentre i siti internet di tutte le emittenti televisive sono inondati di fotografie relative all’odissea della balena. Il sogno è quello di scattare l’istantanea più bella: una coda scura che scompare in mare aperto. E lei che esita per un attimo prima di inabissarsi, quasi a salutare. Ma alla fine la favola della «balena di Londra» è listata a lutto. E ora suonano tristemente profetiche le parole di chi, come la dottoressa Valeria Angelini della Fondazione cetacea di Riccione, forte della sua esperienza scientifica, aveva detto appena 24 ore fa: «Sono pessimista, è difficile che si salvi. Si incanalano in queste situazioni, solitamente perché sono malati in stadi già avanzati; nel 99% dei casi non sopravvivono».

Sarebbe stato bello se Billy avesse rappresentato quell’1% di sopravvissuti. Non è andata così, per la disperazione di tutti quelli che l’hanno amato in questi due giorni di agonia. Un affetto che Billy porterà con sé nel paradiso delle balene.

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