Politica

L’Unione diserta l’aula: salta il voto per la Consulta

Pera e Casini al Quirinale. Andreotti a Ciampi: «Sciolga il Parlamento»

Anna Maria Greco

da Roma

Entrano a braccetto nell’aula di Montecitorio Pierferdinando Casini e Marcello Pera, per presiedere la nona votazione per i giudici costituzionali. È la prima volta che il numero uno del Senato si affianca al suo collega della Camera, da quando a gennaio è iniziato il vano rito per sostituire Valerio Onida e Carlo Mezzanotte alla Consulta. Un altro segnale per imporre ormai una scelta.
Ma basta poco per capire che finirà con un’altra fumata nera, la sesta consecutiva in cui manca il numero legale. L’aula è semideserta per l’assenza dei parlamentari dell’Unione, che criticano la decisione della Cdl di passare a un candidato tecnico, il giurista Claudio Chiola, tagliando fuori definitivamente il ds Luciano Violante. Dopo la rinuncia del capogruppo della Quercia alla Camera l’opposizione non fa altri nomi. E la maggioranza vota scheda bianca.
La seduta è solo a metà quando Pera e Casini passano il testimone al vicepresidente Clemente Mastella e salgono al Quirinale per una colazione con Carlo Azeglio Ciampi. Attorno al tavolo le tre più alte cariche dello Stato discutono anche come rompere l’impasse. L’attenzione del presidente per la vicenda è nota.
Ma l’accordo sui due candidati dev’essere necessariamente politico e i presidenti delle Camere con i capigruppo riuniti in conferenza possono solo decidere votazioni a oltranza, «ripetute e quotidiane», dopo il referendum, dal 14 giugno. Roberto Giachetti della Margherita chiede nuove sedute prima delle urne e annuncia lo sciopero della fame.
«Ciampi potrebbe sciogliere il parlamento», avverte Giulio Andreotti. Il fatto è particolarmente «grave», per il senatore a vita, perché «si mette la Consulta nell’impossibilità di lavorare»: bastano due giudici malati per far mancare il quorum.
Gli risponde seccamente il ministro leghista della Giustizia Roberto Castelli, che critica senza mezzi termini anche Violante scatenando polemiche anche nella maggioranza. Il guardasigilli ricorda ad Andreotti che c’è voluto «molto più tempo» per l’ultima elezione alla Consulta, 18 mesi quando il centrosinistra mise il veto su Filippo Mancuso come ora ha fatto la Cdl su Violante. Castelli sta andando a votare ed esterna senza remore il suo giudizio sull’ex candidato della Quercia. «Come si può pensare - chiede - che uno che sta nell’agone politico in modo così pregnante possa fare il giudice della Corte costituzionale? Ci vuole un po’ di realismo. Violante è una persona schieratissima per la sinistra, che mente con grandissima facilità. Come si può votarlo?». In Transatlantico passa la Ds Anna Finocchiaro e il ministro commenta: «Lei l’avrei votata volentieri». Ma la deputata non ha i requisiti per la Consulta e il partito di Fassino si dovrebbe orientare su un «tecnico» come il penalista Carlo Federico Grosso.
Le frasi di Castelli non piacciono a Casini, né all’Udc. Il presidente della Camera esprime solidarietà a Violante dopo l’attacco del ministro, nella conferenza dei capigruppo. E Luca Volontè, a nome dei deputati Udc, fa lo stesso, criticando «i commenti volgari» del ministro Castelli». Carolina Lussana, responsabile giustizia della Lega, non si stupisce ma fa notare che in questi 4 anni nessuno di loro ha «mai sentito il bisogno di esprimere la propria solidarietà a Castelli», dopo gli insulti della sinistra, compresi quelli di Violante. Dire che il capogruppo Ds «è schieratissimo politicamente è un’affermazione che troverebbe d’accordo persino Lapalisse», commenta Enzo Fragalà di An.

Per Antonio Maccanico e Roberto Zaccaria dell’Unione per sbloccare la situazione ci vogliono delle «rose» di candidati.

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