L’Unione e il muro che blocca i radical socialisti

L’Unione e il muro che blocca i radical socialisti

Arturo Diaconale

Non decolla il progetto della formazione all'interno del centro sinistra di un nuovo soggetto politico formato dai radicali di Marco Pannella, lo Sdi di Enrico Boselli ed il nuovo Psi di Gianni De Michelis e Bobo Craxi.
La ragione apparente delle difficoltà a creare un polo laico-socialista all'interno dell'Unione di Romano Prodi è la crescente ostilità delle attuali forze del centro sinistra a fare spazio alla futura aggregazione. Il fenomeno non riguarda solo il frutto del futuro connubio tra Pannella, Boselli e De Michelis. Investe tutti gli aspiranti transfughi provenienti dal centro destra e desiderosi di trovare collocazioni più sicure all'interno di una coalizione data per vincente dai sondaggi estivi. Il “professore” e i suoi alleati sono talmente certi di avere la vittoria in tasca che reputano non solo inutile ma addirittura dannoso aprire le porte del centro sinistra a gruppi e uomini provenienti dal fronte opposto. Qualcuno lo fa nel timore che i possibili nuovi acquisti possano alterare a vantaggio dei centristi e dei riformisti l'attuale equilibrio esistente nello schieramento prodiano tra sinistra moderata e sinistra estremista. I trasfughi sono tutti espressione della cultura liberaldemocratica o liberalsocialista. E se Fausto Bertinotti teme che il loro ingresso possa finire col rafforzare Piero Fassino e Prodi e spostare più a destra il baricentro politico dell'Unione, gli stessi Prodi e Fassino pensano che il loro arrivo serva solo a potenziare la Margherita e dare maggiore forza contrattuale a Francesco Rutelli. Qualche altro, invece, lo fa per semplice calcolo di potere. Se la vittoria è certa, questo è il calcolo, perché dover aggiungere altri posti a tavola e dover dividere il banchetto del futuro governo e sottogoverno? Di qui le richieste di abiure, di purgatorio, di congelamento e di analisi del sangue. Che servono a frenare, creare ostacoli, rinviare e, se possibile, bloccare il flusso trasformista iniziato dopo le elezioni regionali.
Il fenomeno, come si è detto, è generale. Riguarda i transfughi provenienti da Forza Italia, dall'Udc e da tutti gli altri partiti del centro destra. Sia a livello nazionale che a livello locale. Ma all'interno del fenomeno generale c'è un fenomeno particolare, che riguarda specificatamente i radicali ed il nuovo Psi. Contro di loro non c'è solo il timore che possano far saltare il precario equilibrio del «prodinotti». E neppure la preocupazione di dover spartire la torta con altri e più famelici commensali. C'è la consapevolezza che se mai vedesse la luce il nuovo soggetto radical-socialista non potrebbe essere né prodiano, come è stato fino ad ora Enrico Boselli, né rutelliano, come potrebbe far pensare il passato del leader della Margherita e neppure un “cespuglio diessino”, come vorrebbe la logica egemonica dei post-comunisti. Dovrebbe essere autonomo sia da Prodi, sia dai Ds, sia dalla Margherita. E destinato inevitabilmente a fare da quarto concorrente delle altre tre componenti della sinistra moderata italiana.
Di qui le barriere contro i radical-socialisti che più il tempo passa, più diventano sempre più alte e invalicabili. Al punto da incominciare a far prendere in considerazione l'ipotesi di una inversione di marcia dei delusi del centro destra costretti a prendere atto che a sinistra la delusione non è soltanto più forte.

È addirittura preventiva.

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