L’uomo indossa la rivoluzione del lusso low-cost

NOVITÀ Annapurna lancia il kit per chi fa yoga: sacca, tappeto, cuscinetto e coperta per meditare al caldo

Lucia Serlenga

Il lusso ai tempi del low cost è un teorema difficile da dimostrare anche se funziona alla grande come il rompicapo di Fermat che da tre secoli fa discutere i matematici. Così le collezioni uomo del prossimo inverno in scena al Pitti di Firenze fino a domani sono piene di prodotti super preziosi nonostante la violenta crisi economica che si è abbattuta sul mondo. «Il lusso ha sempre una grande valenza sul mercato» spiega Brunello Cucinelli davanti ai suoi completi da giorno in garza di cashmere principe di Galles. «Sono pronto ad affrontare due anni a profitto zero, ma non abbasso i listini e non voglio nemmeno sentire la parola tagli» conclude l'imprenditore-filosofo che ha trasformato un borgo medioevale umbro in un'azienda modello con 500 dipendenti e 140 milioni di fatturato.
Enrico Acciai, direttore generale di Les Copains, sostiene addirittura che prezzi troppo bassi indicano una qualità alla stessa altezza, tipica del made in China cui l'azienda bolognese ha rinunciato per tornare alle produzioni nostrane più costose ma sempre impeccabili: «Noi continuiamo ad andare in Cina ma per comprare i filati che solo nella nostra azienda di Reggio Emilia riusciamo a trasformare in cose speciali da vendere a prezzi normali nel rispetto del consumatore» dichiara Gionata Reverberi, amministratore delegato di Kangra mostrando con giustificabile orgoglio un magnifico giubbotto in cashmere cotto che al pubblico costerà 330 euro, oppure una strepitosa maglia nello stesso prezioso materiale però elasticizzato, da vendere a 180 euro. Inevitabile a questo punto chiedere come sia possibile una cosa del genere visto che il costo del lavoro in Italia supera di 16 volte almeno quello dei Paesi orientali: «Dobbiamo fare i salti mortali soprattutto per incassare» denuncia Aida Barni, la grande signora del cashmere all'italiana che mette il tricolore sull'etichetta dei suoi prodotti destinati al pubblico più sofisticato.
Ad esempio con il marchio Annapurna stavolta ha proposto un kit per chi pratica yoga composto da sacca, tappeto e cuscinetto salva-nuca in velluto, una t-shirt e due paia di pantaloni in jersey di seta antibatterico più la copertina di cashmere in cui avvolgersi per restare caldi durante la meditazione. Il completino costerà sui 1000 euro, pochi per appassionati della disciplina orientale come Madonna, ma d'altro canto qualcuno si può ancora permettere di coniugare stravaganza ed eleganza. Dello stesso segno l'idea di Arfango che dice di vendere i mocassini in velluto ricamato a parole con il popolare sistema del 3 per due tre (cambiando la combinazione ottieni messaggi diversi) ma poi scopri che un paio di scarpe alla fine ti costa 580 euro per dire secondo i casi I love you o I love me. Meglio allora l'effetto tatuaggio Maori ottenuto sulla tomaia delle calzature dei Fratelli Rossetti cucite a mano dall'interno e poi doppiate in pelle. Per ora non è dato sapere il prezzo al pubblico di questa raffinatezza da piedi, mentre i meravigliosi piumini Kejo White Limited edition costeranno 350 euro, una cifra più che ragionevole sul mercato dell'arte moderna.
Si tratta infatti di opere della cosiddetta «street art» che furoreggia su Second Life riprodotte a mano con l'aerografo sul duvet che diventa ancor più abbordabile nel caso della versione con stampa digitale (quindi meno costosa) di un'artistica interpretazione contemporanea dei colori di Monet. «Ci vuole oculatezza anche da parte dei negozianti: troppi ricarichi portano code davanti ai negozi solo durante i saldi» afferma Alessandro Cantarelli, amministratore unico di un marchio che per il prossimo inverno vende ai dettaglianti completi in jersey di cashmere a 650 euro e giacche sartoriali nello stesso materiale a 400 euro. «A Pitti si viene per scrivere» dicono in gergo i buyer che ieri affollavano il salone. Thom Browne, 44enne stilista americano è invece venuto per il debutto europeo della sua moda. Quello che a New York viene definito «lo zar dello stile uomo» ha vestito 40 ragazzi con giacche striminzite, pantaloni accorciati, camicia bianca lavata, asciugata ma non stirata, cravatte nello stesso tessuto dell'abito e stringata nera con piccola targhetta tricolore sul retro.

L'unica cosa su cui tutti concordavano era la bellezza razionalista del luogo in cui si è svolta la presentazione: l'aula magna dell'istituto di scienze aeronautiche che i fiorentini chiamano semplicemente «scuola di guerra aerea».

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