L’uomo di Prada riesce a far grande il minimalismo

Trionfa l’ispirazione al cinema. Marras pensa a Pasolini, McQueen si ispira al «Signore delle mosche»

Daniela Fedi

da Milano

La vera essenza del lusso? «Farsi capire» risponde Miuccia Prada con un'operazione di sublime eleganza mentale. In pratica la grande signora del made in Italy sente l'urgenza di guardare ai nuovi mercati tipo Cina, India, Russia e gli ex Paesi del Comecon senza tradire se stessa ma aderendo alle loro esigenze. Perciò la sua moda che per natura è sofisticata e intellettuale diventa come la pop art: un linguaggio fresco, universale e immediatamente comprensibile declinato dall'impero dei segni quotidiani. Cuori, stelle e triangoli, per intenderci. Stampati su camicie e cravatte oppure riprodotti sulle scarpe sportive della più bella collezione per la prossima estate vista finora sulle passerelle di Milano Moda Uomo. Inutile dire che Miuccia è andata oltre, essendo felicemente incapace di fermarsi alla superficie delle cose. Così le forme su cui questi simboli si appoggiano senza insistenza ma con giocosa genialità (il triangolo tra l'altro sarebbe un'artistica interpretazione dello storico logo di Prada) sono un capolavoro di minimalismo ed eleganza che prevede pantaloni con le pinces e il risvolto, belle giacche e semplici camicie spesso prive delle maniche ma nonostante questo piene di aplomb.
Il tutto con colori chiari, sfumati e soprattutto studiati per evitare la banalità del bianco oppure l'effetto carta stagnola quando i tessuti sono luccicanti. Qui uno zainetto, lì un cappellino, a volte una sobria striscia di cuoio con i segni trasformati in ciondoli: per lanciare un messaggio forte e chiaro non servono tanto gli orpelli quanto una voglia di cambiamento. «Vendere significa colpire l'immaginario di tanta gente - ha detto infatti Lady Prada - sto affilando le armi per questi nuovi interlocutori commerciali: hanno voglia di tutto, ma se sei sofisticato e basta non puoi andare molto lontano. Oggi vogliono il logo, domani chissà, ma nel frattempo stanno già muovendosi e si aspettano che tu proceda con la stessa velocità». Inevitabile a questo punto chiedersi dove stia il confine tra dinamismo e frenesia: in un mondo che cambia così in fretta da far dire a Miuccia «Vedendo la Cina contemporanea probabilmente Mao si rivolta nella tomba», ci vogliono pure dei punti fermi.
Gianfranco Ferrè con la sua superlativa sfilata di ieri ne ha messo uno esclamativo per bellezza, raffinatezza e buona educazione. Travolto come tutti dal dilagare del cattivo gusto per cui, con la scusa del caldo e delle vacanze, d'estate ci si veste in qualche maniera, lo stilista ha lavorato sul concetto di ordine nel disordine: l’eleganza della divisa che si colora di libertà. Così ha trasformato le giacche da ufficiale in strepitosi modelli senza mostrine, ma con la medaglia al valore della semplicità. I pantaloni di lino trattato con la pomice disegnano i muscoli senza per altro trasformare un onesto signore in una triste parodia del cubista da discoteca, mentre il motivo mimetico altrimenti detto camouflage diventa pura decorazione sul superbo blazer da sera. Tutto questo insieme con meravigliosi accessori tra cui i mocassini in pelle di rospo, coccodrillo o galouchat e con un uso supremo del colore crea una perfetta alchimia tra distinzione e relax.
Tutt'altro film ma un gran bel film da Alexander McQueen che ieri ha senza dubbio vinto la palma della creatività con una collezione piena di spunti. Lo stilista inglese è partito dalla pellicola tratta da Peter Brooks del romanzo di William Golding «Il Signore delle mosche» dove un gruppo di studenti scampato a un disastro aereo su un'isola deserta si trasforma in una feroce tribù di selvaggi. Dal semplice completo di lino bianco all'indimenticabile blouson ricamato in perle di legno, conchiglie e linguette della lattina di Coca Cola, il passo è breve ma fatale: un'iniziazione bella e buona. Antonio Marras, invece, si è ispirato a Pasolini che in uno storico ritratto di Ugo Mulas rivela la potenza del suo stile asciutto, ruvido, severo e pieno di dignità.

Onore al merito per aver evitato l'estetica del ragazzo di vita che il più grande dei nostri intellettuali contemporanei cantò fino alla morte. Ma a parte qualche bellissimo modello tipo i caban tagliati al vivo oltre a tutta l'elegante maglieria, per una volta non c'era nulla di nuovo e perfino troppa sartorialità.

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