Lady Mazzone capì tutto «È un lord, farà strada»

Buone maniere e voglia di stupire le qualità che gli riconoscono. Una delusione firmata Abramovich

Quando Roman Abramovich ordinò a uno dei suoi fidi di portargli subito Claudio Ranieri in ufficio, erano poche ore che il russo s’era impadronito del Chelsea. Ranieri era strafelice, il giorno dopo il club avrebbe dovuto dichiarare fallimento, i soldi di Roman spalancavano le porte del paradiso: «Qual è il mio desiderio? - rispose Ranieri -. Che non vendiate nessuno degli undici che hanno portato la squadra in Champions quest’anno». Molto bene rispose Abramovich, tutto qui? «Sì, e poi vorrei anche che ne comprassimo altrettanti perché nella prossima stagione ci sarà una competizione in più, la più importante». Nessun problema rispose ancora Abramovich, tutto qui? «Ne vorrei altri undici... ma tutti e undici più bravi di quelli che ho».
Dicono che abbia classe, stile, idee, uno che non si impressiona se gli chiedono di prendere undici ragazzi e trasformarli in una squadra di calcio. C’è riuscito un po’ da tutte le parti, più che risultati i suoi sono stati prodigi: andare al Napoli del dopo Maradona, prendere la Fiorentina appena retrocessa, stare al Chelsea quando arriva Abramovich e trovare il Parma dei baby in fondo al mare per riportarlo in superficie. È come se scontasse una condanna, quella di dover sempre dimostrare di poter stare nel gruppo di quelli bravi. Capello brizzolato, abito di taglio sartoriale anche nei giorni uggiosi, la moglie di Carlo Mazzone lo ammirava e un giorno disse al marito: «Guarda come sei conciato, tutto sudato, anche oggi che fa freddo sei in tuta da ginnastica. Invece il signor Claudio è impeccabile, sempre giacca e cravatta. Lui farà carriera, mica te». Mazzone forse non la prese benissimo, ma non poteva confutare un’evidenza sotto gli occhi di tutti e poi avallata dalle parole sante della moglie. L’allenatore gentiluomo aveva ricevuto l’investitura ufficiale dalla signora Mazzone e ne farà tesoro, quando al corso di Coverciano sentirà dire che un allenatore altro non è che un paracadutista il quale non sa se si aprirà il suo paracudute, prenderà le sue precauzioni: prima di tutto si sta sempre dalla parte dello spogliatoio. Il suo paracadute. Feeling eterno con tutti, ancora oggi Gianfranco Zola lo santifica, dicono che se Lampard è il campione che tutti desiderano lo deve a lui, a Parma nel giorno della salvezza aritmetica ha detto: «Sono arrivato e ho capito che c’era scoramento. Allora ho pensato che dovevo trovare subito una soluzione e adesso posso rivelare il segreto di questa salvezza: sono orgoglioso che questi ragazzi si siano attaccati a qualcuno che credeva in loro. Io».
Un trionfo, anche se per ora Ranieri è un allenatore che ha vinto molto in teoria e poco in pratica, esonerato all’Atletico di Madrid, nessun risultato a Londra, unica consolazione una coppa del re con il Valencia e due record bizzarri: maggior numero di presenze con la maglia del Catanzaro e italiano con il maggior numero di panchine fuori dai confini. Altro merito da ascrivergli la disponibilità, in un momento di grande tensione, a tesserare a Parma il Savicevic della Bassa, alias Gene Gnocchi.

Anche questo lo fece con classe, come quando rispose sul calcio inglese sbarcato con tre club in semifinale di Champions: «È molto semplice, loro vincono perché spendono di più sul mercato». Adesso lo deve spiegare anche a Torino.

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