Basta con le parole, è giunto il momento di passare ai fatti. L'intero quartiere del Lagaccio è pronto a combattere una battaglia importante, quella che, se vinta, permetterebbe di bloccare l'iter già avviato per la costruzione della tanto discussa moschea. L'aria che si respira parlando con gli abitanti di via Vesuvio, via Napoli, via Bartolomeo Bianco dopo il 23 dicembre, giorno in cui la giunta comunale ha approvato lo schema di convenzione per dare il via libera alla costruzione della casa di culto islamico, è diventata irrespirabile.
La tensione e la rabbia si tagliano con il coltello. «Questo regalo di Natale ce lo aspettavamo - tuona Felice Ravalli del Comitato dei cittadini -, perché lamministrazione comunale ha sempre fatto le cose di nascosto. Continueremo a portare avanti la nostra lotta in modo più pesante bloccando il quartiere o la città se necessario». Pronti quindi a tirare fuori l'artiglieria pesante: serrata dei negozi, blocco stradale il 13 gennaio e referendum il 23. «Dal Comune ci hanno fatto una bella sorpresa - dice Marco, fruttivendolo di via Vesuvio -. Spero che la moschea non si azzardino a farla perché noi abbiamo intenzione di difendere con le unghie e con i denti la nostra zona. Ora scenderanno in piazza anche i giovani». Un secco «no» si leva dalla quasi totalità degli intervistati. «Invece della moschea - commenta Gianna Capuano - il Comune poteva pensare ai nostri bambini costruendo una palestra o un piscina». E ancora: «La moschea non la vogliamo - replica deciso Manuel Ausini -. Quell'area era destinata a noi. Da oggi darò il voto a chi mi toglierà di mezzo quelle persone lì. Sappiamo come sono questi centri, c'è il rischio che s'intrufoli gente pericolosa. La signora Sindaco se la faccia a casa sua la moschea se vuole così bene ai musulmani».
Renata Frisone continua: «Il permissivismo che vige in Italia nei loro Paesi non c'è, pertanto io rispetto la persona che viene qua, lavora, si comporta bene, si adatta a determinate regole, ma non quella che in casa nostra vuol farla da padrone. Non siamo stupidi, non vogliamo essere presi per i fondelli dall'amministrazione comunale. Noi siamo i burattini e loro i burattinai e io che sono genovese di nascita da sette generazioni, se permette, sono stufa». Nel negozio di Mary, la parrucchiera di via Napoli, la discussione sul tema rovente della moschea scalda gli animi. «Penso che la libertà di culto sia importante - esce dal coro Tina Coscia - e da qualche parte la moschea devono pur farla». Apriti cielo. «Io vorrei che la legge fosse uguale per tutti - replica Mary -. Se danno gratis per 60 anni un terreno agli islamici lo devono dare anche ad altri ma chissà come mai loro godono dell'occhio di favore del Comune». «Abbiamo fatto il conto che verrebbero 10mila persone alla settimana - continua Carmen -. Dove ce le troveremo a dormire? Davanti alla porta con il sacco a pelo? Non si tratta di essere razzisti. Io ho ceduto il mio negozio ad un cinese e ho avuto una commessa albanese e uno marocchino. Quello che mi fa imbestialire è che alla fine passiamo noi del Lagaccio come dei teppisti e degli ignoranti».
Molti abitanti di via Napoli e di via Vesuvio temono che la costruzione della moschea porti con sé anche inevitabili problemi legati al traffico. «Penso che facciano una grande cavolata, - spiega Alberto Tonelli - non oso pensare al caos che ci sarà sulle strade e i parcheggi che verranno a mancare». C'è chi poi, pensa alle esigenze delle persone anziane. «Il signor Andrea Ranieri, assessore alla cultura del Comune - dice Giuseppe Roberti - aveva promesso che prima riqualificava il Lagaccio e poi avrebbe pensato alla moschea». «Da 35 anni abito qui - racconta Marina, parrucchiera di via Vesuvio - Bisogna pensare ai nostri bambini e ai nostri anziani». «Abbiamo raccolto 8000 firme - le fa eco Enzo Cincotta -. La Vincenzi è venuta di nascosto senza consultare il Municipio, ma ora deve ascoltarci perché marca male». Anche coloro che in passato avevano dato fiducia al Sindaco non la pensano più allo stesso modo. «Le ho dato pure il voto - ricorda Beppe Masia -. Adesso non glielo darei neppure morto. Che se la facesse a casa sua la moschea». «Lei ha una bella casa col parco - ironizza Marco Tombeni -, se li porti lì e si faccia pagare l'affitto così siamo tutti tranquilli».
Ravalli intanto non si arrende: «Non abbiamo intenzione di mollare, andremo avanti con le azioni legali e chiederemo l'esproprio del centro sociale Terra di Nessuno». Il braccio di ferro tra il Comune e i cittadini del Lagaccio è destinato a continuare.
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