Cronache

Lampedusa, clandestini in rivolta nell'isola Messo a ferro e fuoco il centro di accoglienza

Gli extracomunitari danno alle fiamme il Cie e fuggono in 800. Il sindaco: "Un atto di guerra". Quando si è sparsa la notizia dei rimpatri è scoppiato il finimondo e l'isola è diventata ostaggio degli immigrati GUARDA IL VIDEO

Lampedusa, clandestini in rivolta nell'isola  
Messo a ferro e fuoco il centro di accoglienza

 

C’era da aspettarselo. Le pri­me avvisaglie si erano avute ieri non appena i clandestini avevano capito che da lì a poche ore sareb­bero stati rimpatriati. Il nervosi­s­mo all’interno del centro di acco­glienza era palpabile. Ieri intorno alle 16 è scoppiato il finimondo. Un gruppo nutrito di extracomu­nitari ha dato fuoco a materassi, cuscini e mobilio all’interno della struttura così come era successo nel febbraio del 2009. L’incendio, appiccato in diversi punti, ha cau­sato una densa nube di fumo nero sospinta dal vento verso il centro abitato. Molti abitanti della più grande delle isole Pelagie si sono barricati all’interno delle proprie case, molti invece sono usciti in strada. Gli oltre 1200 tunisini ospi­ti del centro sono riusciti a fuggire verso l’abitato.

E in serata un centi­naio di immigrati sono sta­ti trasfe­riti con un volo militare da Lampe­dusa verso altri centri di accoglien­za. Nei prossimi giorni dovrebbe toccare ai restanti tunisini. I vigili del fuoco hanno impiega­to più di un’ora a domare le fiam­me che, a causa del vento, si sono propagate anche nelle campagne vicine. Uno dei tre padiglioni è an­­dato completamente distrutto. Al­meno una decina di persone, tra migranti e uomini delle forze del­l’ordine, sono rimasti intossicati nell’incendio divampato all’inter­no del Centro di prima accoglien­za di Lampedusa. Tra di loro an­che un extracomunitario paraple­gico, costretto su una sedia a rotel­le. Gruppi di tunisini sono stati bloccati a fatica dalle forze dell’or­dine che per fortuna, in questo pe­riodo, sono numerosi.

Oltre tre­cento sono stati trasferiti allo sta­dio comunale dell’Isola, in attesa che arrivino disposizioni dal Vimi­nale. Preoccupata la popolazio­ne, ma preoccupato soprattutto il sindaco Bernardino De Rubeis che proprio domenica scorsa ave­va accolto il ministro La Russa a cui aveva anticipato che temeva disordini. «Da oltre un mese- dice il primo cittadino - sto avvisando tutti della pericolosità dei tunisini che si trovano all’interno del cen­tro di contrada Imbriacola, ma il mio grido d’allarme è rimasto ina­scoltato ». Il sindaco rivolge un ap­pello «a Berlusconi e al ministro Maroni affinché convochino un consiglio dei ministri straordina­rio con l’emergenza Lampedusa all’ordine del giorno». Il sindaco definisce «gravissima» la situazio­ne e sollecita «l’intervento imme­diato di navi militari per trasferire tutti i tunisini che ci sono sull’iso­la. Non è più possibile - sottolinea De Rubeis- che non ci diano ascol­to.

A questo punto mi chiedo, ma cosa si aspetta che a Lampedusa scoppi la guerra civile? Il nostro governo deve capire che l’attuale governo tunisino è peggio di quel­lo che c’era ai tempi di Ben Ali. Si stanno liberando di tutti gli avanzi di galera mandandoceli da noi qui a Lampedusa».

Dal Viminale si sottolinea che, nonostante le proteste, il programma di rimpa­tri andrà avanti come deciso con le autorità nell’ultimo incontro che Maroni ha avuto a Tunisi.

 

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