L'arte della boiserie nell'ultima grande bottega della Brianza

Pittore o artigiano? Livio Cazzaniga, "l'ultimo samurai" del pialletto a mano, non ha ancora sciolto il dilemma. Suoi gli arredamenti di Villa Passalacqua a Moltrasio e di Villa Oleandra, dell'attore George Cooney, a Carate Urio

L'arte della boiserie nell'ultima grande bottega della Brianza

Quando lo vidi per la prima volta - la figura allampanata, austera; gli occhiali a metà del naso; le guance rosee, ma incavate, di chi si è arrovellato a lungo nel corso delle stagioni - Livio Cazzaniga stava trafficando con dei tubetti di colore e una boccetta di trementina. Cercava una tonalità di ocra. E un azzurro come se ne vedono talvolta da queste parti, quando il cielo si mette sfacciatamente al bello. Ma il risultato, si vedeva, continuava a deluderlo. Troppo giallo, o troppo marrone, per l'ocra. Troppo grigio, o troppo poco, per quel cielo di Brianza che andava almanaccando.
Mi avevano detto: vai dai Cazzaniga, a Barzanò. In Brianza, a far mobili come se ne facevano una volta, non c'è rimasta che la loro bottega. Io però vedevo all'opera un pittore, e la cosa sulle prime mi sconcertò. Lui invece era divertito, e certo anche lusingato dall'interesse con cui presi a osservare i suoi quadri, appesi alle pareti del suo studiolo da artigiano. Vidi allora campagne luminescenti, marine affogate di sole e barche di colori sfacciati, tirate a riva su fondali isolani. E ancora: nature morte investite da luci abbaglianti e ombre fonde, al modo di Vermeer e degli altri grandi fiamminghi. Mi dissi, ora non saprei spiegare perché, che forse saremmo potuti diventare amici. Dico forse perché l'uomo, già abitato da una certa introversione, si porta appresso l'aggravante di una riservatezza tutta brianzola.
Gianni Brera, che di uomini capiva, colse al volo questo lato del carattere del maestro, di cui era amico: una certa timidezza, una invincibile riluttanza a esibirsi. "Per animarlo -scrisse una volta- bisogna prospettargli visioni che intrighino il suo senso cromatico".
Su una parete dello studio, accanto al cavalletto, ma sovrastato dalle tele, c'era un tavolo da disegno sul quale, quasi ultimata, campeggiava una fastosa boiserie. Artista o artigiano? domandai, giusto per rompere il ghiaccio. "Non ho ancora deciso", rispose dopo averci pensato un momento. Senonchè, sono più di sessant'anni, ormai, che Livio Cazzaniga non decide. "In fondo", ragiona lui, che di anni ora ne ha 83, "per fare il mio lavoro bisogna essere anche un po' artisti. E poi, un modo non esclude l'altro. Al punto che se oggi mi chiedessero di rinunciare al tavolo da disegno, alla progettazione, mi sentirei monco, defraudato".
Voltare le spalle a una possibile carriera d'artista, solo tele e pennelli, all'inizio gli costò. "Fu mio padre a distogliermi. O fai l'artista, mi disse, o metti su famiglia. Le due cose, insieme, non vanno. Aveva ragione. Scelsi la famiglia. Ma la vocazione era quella. Inseguivo i miei modelli: Carrà, Morandi, Sironi. Non De Chirico. Non i futuristi. Più tardi mi affascinarono Afro e Burri".
Il padre di Livio si chiamava, cioè lo chiamavano, Pasquin. E' lui, Pasquale Cazzaniga, che dà inizio alla dinastia. Per quarant'anni, Pasquin fu direttore della "Proserpio", un'azienda che arrivò ad avere 130 operai. "Architetti come Giò Ponti, Melchiorre Bega, Piero Portaluppi e Giovanni Muzio, quello che progettò la Chiesa dell'Annunciazione a Nazareth e la Cariplo di via Verdi, a Milano, venivano tutti qui, a Barzanò. E mio padre, il Pasquin, era il loro punto di riferimento".
Nel 1946 la "Proserpio" chiude, e i Cazzaniga (cui nel frattempo si è aggiunto il mitico "zio Carlo" marito di una sorella di Livio) si mettono in proprio. "Cominciavano gli anni della ricostruzione, e c'era una enorme richiesta di porte e finestre". Ma quel lavoro banale, ripetitivo, a Livio non piace. "Avevo in mente grandi architetture in legno e ambienti interamente arredati da noi. Ma era ancora troppo presto, e ne ero consapevole", mi disse una volta che scrissi di lui su Monsieur.
Per fare quel che Livio aveva in testa ci voleva una committenza colta, sofisticata. Qualcuno che sapesse guardare un mobile e capire cosa c'era dietro. "Per noi furono i Pontremoli, una famiglia di antiquari francesi".
Francesi? Con quel cognome?
"L'origine, quantomeno quella di lui, era italiana, certo. Ma erano vissuti sempre in Francia e in Egitto. Dopo il colpo di stato di Nasser, e la caduta di re Faruk, aprirono due negozi a Milano, in via Montenapoleone e in via Montebello. Fu lui, Pontremoli, a introdurmi agli stili francesi classici: il Luigi XV, il Luigi XVI. Lui e la moglie, Marie Abignoly, avevano le idee, ma poi toccava a me svilupparle. E intanto imparavo gli stili, mi documentavo, leggevo. Cominciammo con un lavoro a Ginevra. E una delle prime boiserie finì a casa del conte Borletti, in via della Passione, a Milano".
Da allora, se ne sono prese di soddisfazioni, Livio e la sua brigata…..Moltissime sono le case importanti che recano la firma dei Cazzaniga di Barzanò. Il superbo neoclassico di villa Passalacqua a Moltrasio; la villa Oleandra a Carate Urio, appartenuta al magnate del ketchup, Heinz, e oggi all'attore George Clooney; uno dei più bei palazzi seicenteschi in via Bigli, a Milano. E poi Sankt Moritz, Crans Montana, Montecarlo. Ma anche l'arredamento della barca di Marcella, la cantante, e di Polti, il "re della Vaporella". Lui, però, sempre col pensiero ai pennelli. "Fra il tavolo da disegno e il cavalletto, come vede, ci sono due metri, che valgono un viaggio tra due passioni".
Gabriele, il maggiore dei suoi figli, è entrato in azienda nel '77, lasciando gli studi di filosofia. E dopo Gabriele, ecco il momento di Andrea, figlio di Gabriele, che ha 25 anni, e di Emanuele, cugino di Andrea. Tutti riuniti nel grande capannone di via Figliodoni, che ha preso il posto della vecchia bottega di Torricella. Insieme con Elena e Lalla, figlie di Livio, e a Emilio, il genero, che ha preso il posto dello zio Carlo.
Il modo di lavorare è rimasto quello d'un tempo. "Da noi si lavora come cento anni fa. Le macchine sono cambiate, ma qui si pialla ancora a mano. E a mano si dà anche l'ultima lucidatura". Basta guardare Elio, il "restauratore", con le sue preziose boccette piene di misture da mago Merlino, mentre applica a tampone la gommalacca. Un gesto pieno di romantica sapienza, vecchio di secoli. E insieme, un'attitudine che sopravvive forse solo qui, nell'ultima "bottega" della Brianza.


(Nella foto: in primo piano, Livio Cazzaniga a cavallo di un tronco. In secondo piano, a sinistra il figlio Gabriele e il nipote Andrea. Alle spalle, Emilio Redaelli, il genero di Livio: un'avventura che dura da quattro generazioni)

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