Layeni: «Buuu razzisti? Nun me ne pò fregà de meno»

A Stefano Layeni, italiano di Castiglione delle Stiviere non lo tradisce solo il cognome, lui è proprio nero, figlio di neri e la cosa non gli fa piacere ma neppure gli sta devastando l'esistenza. Gioca in porta nell'Albinoleffe ed è passato il tempo in cui non riusciva a capire perchè fosse considerato un italiano di serie B.

Potrebbe diventare una sorta di decalogo da imporre agli idioti.
1) Diciamolo: noi negri siamo avvantaggiati
2)Rispetto ai bianchi abbiamo fibre più robuste
3)Tutto merito degli schiavi, hanno migliorato la specie
4)Solo i più forti di noi sopravvivono
5)Non ho mai desiderato essere bianco
6)Un nero fra i bianchi convive col razzismo ma non imparerà mai a convivere col razzismo. Ricordatelo
7)«Mi fischiano perchè sono nero? Fatti loro
8) Quando entro in porta io penso solo a giocare
9) Una volta ho reagito, e ho sbagliato
10) Solo l'indifferenza può battere l'ignoranza
A Stefano Layeni, italiano di Castiglione delle Stiviere non lo tradisce solo il cognome, lui è proprio nero, figlio di neri e la cosa non gli fa piacere ma neppure gli sta devastando l'esistenza. Gioca in porta nell'Albinoleffe ed è passato il tempo in cui non riusciva a capire perchè era considerato un italiano di serie B. Dopo i buuu razzisti dei tifosi laziali nella partita di coppa Italia ha parlato della sua battaglia quotidiana contro l'ignoranza, segno che la faccenda non gli è così indifferente, ma ha aggiunto: «Di chi mi ha fischiato all'Olimpico, per dirla alla romana, nun me ne pò fregà de meno».
Nato nel 1982, un metro e novantotto, genitori nigeriani, ha cominciato la sua attività nel settore giovanile del Castiglione, ha subito la prima contestazione razzista nel 2003: «Giocavamo contro il Verona - ha detto - e mi fischiavano per il colore della pelle, ma io me ne sono fregato e anche le altre volte che mi è capitato di sentire qualcuno fare buuu verso di me ho alzato le spalle. Poi ho visto che lo stesso problema lo avevano Balotelli e Zoro e ho capito che facevo bene a non ascoltare chi mi insultava».
Così ha fatto anche all'Olimpico: «Me lo aspettavo - ha detto -. Ho parlato con i miei compagni e ci abbiamo anche scherzato su. L'unico vero motivo di amarezza è per tre gol che ho preso. Di chi mi ha fischiato, per dirla alla romana, nun me ne pò fregà de meno».
Layeni, di proprietà del Prato, confessa che quando era più giovane soffriva: «Non capivo perchè mi considerassero un italiano di serie B. Poi sono cambiato e ora affronto queste cose con maggiore serenità, anche perché non sempre trovo quattro idioti che la pensano come quelli della Lazio. Io faccio il mio mestiere, e se qualcuno non ha ancora capito come si fa a stare al mondo mi dispiace, ma altro non posso fare. Continuo per la mia strada ».
Bene, uno che se la cava in mezzo a troppi che non ci riscono, ma alcune domande assalgono, così, forse solo per desiderio di non lasciar scappare quei quattro idioti come li ha definiti Stefano.

Perché la partita Lazio-Albinoleffe non è stata interrotta come prevede il regolamento di fronte agli insulti razzisti rivolti al portiere dell'Albinoleffe, Stefano Layeni? Perché l'arbitro e i calciatori non hanno sentito la necessità di fermarsi?

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