La leggenda del Cavaliere evasore

Berlusconi negli ultimi otto anni ha versato al Fisco cento milioni di euro, circa 34mila euro al giorno. E la Fininvest, che non ha sedi di comodo all’estero, 7 miliardi in tredici anni

La leggenda del Cavaliere evasore

Può uno che paga trentaquattromila euro di tasse al giorno sentirsi dare in televisione del fautore dell’evasione fiscale e rimanere calmo? No, non può. Anche il più compassato dei filosofi (e Berlusconi non rientra certo nella categoria), potendo farlo, avrebbe alzato il telefono e mandato giustamente a quel paese il vicedirettore di Repubblica Giannini e il coro di Ballarò guidato dal maestro di cappella Floris che martedì sera si erano lanciati in diretta nella ridicola accusa al presidente del Consiglio. Cifre alla mano, se tutti i contribuenti italiani evadessero come evade le tasse Silvio Berlusconi avremmo le strade lastricate di metalli preziosi e come infermiere negli ospedali delle top model.
I conti sono presto fatti: le denunce dei redditi di Berlusconi sono cosa nota in quanto tutte le dichiarazioni dei redditi dei parlamentari sono pubbliche. Dal 2000 all’ultima dichiarazione nota (quella relativa all’anno fiscale 2008) si evince una tassazione sulla base delle normali aliquote di circa cento milioni di euro negli otto anni considerati che, appunto, corrisponde a più di 34.000 euro ogni volta che è sorto il sole, da otto anni a questa parte. Le imposte dirette della persona fisica Silvio Berlusconi, poi, non sono che l’aperitivo: la Fininvest, vale a dire il gruppo che fa riferimento a lui e alla sua famiglia, è una rarità come struttura, in quanto tutte le holding di controllo sono rigorosamente italiane e quindi fiscalmente trasparenti.
Sappiamo bene che la normalità sarebbe la scelta di qualche Paese particolarmente benevolo fiscalmente per posizionare una holding di controllo: il Lussemburgo in testa, ma anche Austria e Irlanda non sono male se si vuole restare in ambito comunitario senza ricorrere alla solita Svizzera, dove ha scelto di prendere cittadinanza per esempio l’editore di Repubblica Carlo de Benedetti. Niente di tutto ciò, solo Italia nelle sedi dell’impero della famiglia Berlusconi. Ebbene, risulta che il gruppo negli ultimi tredici anni abbia pagato più di sette miliardi fra tasse e contributi, come ricordato da Marina Berlusconi stessa in un’intervista al quotidiano francese Le Figaro. Anche qui il conto è facile: stiamo parlando di quasi un milione e mezzo di tasse al giorno da più di un decennio. Mica male per uno che «favorisce l’evasione».
Certo, ci fosse stata un minimo di onestà intellettuale si sarebbe potuto tranquillamente ricordare che quella frase che si rimprovera a Berlusconi, vale a dire che «se lo Stato domanda al cittadino un terzo dei suoi guadagni egli lo percepisce come cosa giusta, mentre se gli preleva più del 50% viene visto come un sopruso e provoca elusione ed evasione», è ben lungi dall’essere un invito a evadere, ma si tratta di un concetto banalissimo che viene spiegato a ogni studente di economia al primo anno, quando si studia la cosiddetta «curva di Laffer». Si tratta infatti di una conosciutissima teoria che afferma l’inutilità di alzare a dismisura le tasse perché oltre un certo livello si registra il fenomeno che all’aumento delle aliquote il gettito cala invece di aumentare. Niente di più e niente di meno, e di sicuro Giannini, che non è certo digiuno di economia, lo sa benissimo, anche se fa finta di non saperlo pur di strumentalizzare le parole di un vecchio discorso del premier.
Ma si dirà: è vero, Berlusconi paga tante tasse, ma magari ne evade altrettante. Tutto è possibile, ma direi che la cosa è da escludere per un motivo molto semplice: i conti della Fininvest sono stati passati al setaccio superfine da legioni di procure con centinaia di ispezioni, perquisizioni e indagini. Se qualcosa non fosse andato sarebbe saltato fuori da tempo con titoli di cassetta. Anche quando qualche procura irriducibile ha provato (e prova tuttora) a contestare il reato di evasione fiscale come nel caso dell’inchiesta «Mediatrade» le cifre sotto la lente sono talmente basse sul fatturato generale da risultare pressoché irrilevanti.
Anche l’azione di governo è sempre andata nella direzione della lotta all’evasione, dato che i risultati veri in termini di aumento del gettito fiscale si sono avuti (e lo ammettono a denti stretti anche gli avversari) solo dopo la riforma delle esattorie varata nel 2004 da Tremonti. Da allora le riscossioni si sono impennate costantemente, con governi di qualsiasi colore. Anche la foglia di fico dello scudo fiscale è un’obiezione debole: 5% è poco, ma l’alternativa era zero, dato che quei denari erano fuggiti soprattutto negli anni di «anche i ricchi piangano». Bel risultato.
Altro che telefonare per protestare.

Sarebbe interessante se ci fosse una magia che facesse andare in giro la gente con la cifra pagata in tasse tatuata sulla fronte: Berlusconi starebbe a testa alta ma vogliamo scommettere che il pubblico di Ballarò e molti di quelli che ululano contro l’evasione sarebbero molto più defilati e metterebbero loro la bandana?

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