«Le leggi su misura le ha fatte la sinistra»

«Le  leggi su misura le ha fatte la sinistra»

Da alcune settimane la confusione sulle vicende dell’Antonveneta e della Bnl cresce sempre di più anche perché si mettono insieme le pere con le mele. Ad alimentare questa confusione vi sono i due più diffusi quotidiani del Paese, che sembrano dividersi le parti. Repubblica concede ogni giorno pagine intere alla pubblicazione di intercettazioni telefoniche, mentre Il Corriere della Sera ha mobilitato tutti i suoi migliori opinionisti per colpire Bankitalia, ma in realtà i possibili scalatori del quotidiano di via Solferino. Nel frattempo Bertinotti e Mastellla parlano del primato della politica intendendo ciascuno una cosa completamente diversa dall’altro, mentre Eugenio Scalfari ci fa un’altra lezione sulla morale, dimenticandosi di scrivere che il suo editore, nello spazio di pochi giorni, ha guadagnato alcuni milioni di euro solo per aver propalato la notizia che nella sua società Cdb Web-Tech sarebbe entrato Silvio Berlusconi.
Intimidito dalle critiche, il simpatico Carlo ha fatto marcia indietro e ha detto a Berlusconi «no, tu no», lasciando sbigottiti quei poveri cristi dei risparmiatori che erano subito corsi a comprare le azioni di quella sconosciuta e dormiente società quotata, azioni che Carlo puntualmente vendeva loro. La morale passa anche per queste strane dimenticanze. Ma torniamo alla confusione e ai tanti diversi polveroni che si sovrappongono l’un l’altro tentando di capirci qualcosa, in più dividendo, per l’appunto, le pere dalle mele: 1) alcuni italiani (Abete, Della Valle, Geronzi) hanno stretto un patto d’azione con gli spagnoli e con gli olandesi per controllare rispettivamente la Bnl e l’Antonveneta. Nel primo caso il premio agli italiani sarebbe stata la presidenza della Bnl a Luigi Abete e la partecipazione di Diego Della Valle alla gestione della banca. Nel secondo caso il patto Geronzi-Groenink avrebbe ampliato e consolidato la forza di Capitalia e del suo massimo esponente. Due disegni legittimi che avevano un punto debole: per un piccolo interesse personale si dava il controllo di due banche italiane a due istituti di credito stranieri scegliendo una strada del tutto diversa da quella scelta da Profumo con la fusione Unicredito-Hsvb. Il governatore della Banca d’Italia non ha mai fatto mistero di essere di opinione diversa e di guardare positivamente a quanti avessero fatto cordate alternative. Ciò non ha mai significato trasformarsi da arbitro in giocatore, ed infatti tutte le autorizzazioni richieste dagli spagnoli e dagli olandesi sono state concesse e tutte le regole nazionali ed europee sono state rispettate, compresi i controlli che hanno imposto a Fiorani e compagni di lanciare un’Opa obbligatoria; 2) il fallimento delle Opa straniere su Bnl e su Antonveneta ha scatenato, probabilmente su ispirazione divina, due procure della Repubblica, quelle di Milano e di Roma, che si sono mosse come un elefante nella cristalleria, intercettando e pubblicando conversazioni private tese solo a «sputtanare» (chiediamo scusa per il verbo) alcuni protagonisti ed in particolare il governatore della Banca d’Italia nella sua confidenzialità bonaria e paesana con uno dei protagonisti. Risultato: la Procura di Milano ha dato il controllo dell’Antonveneta al socio di minoranza, gli olandesi dell’Abn Amro assistiti dal noto avvocato Guido Rossi, che appena due giorni prima aveva visto fallire sul mercato la propria offerta pubblica di acquisto, nel mentre da qualche giorno si mette in dubbio anche la liceità dell’Opa che si appresta a fare l’Unipol su Bnl, Opa peraltro obbligata dalla legge Draghi. Sono queste le regole del mercato che i due più diffusi quotidiani del Paese stanno difendendo? E se non è così, cos’altro stanno difendendo con la loro forsennata carica contro la Banca d’Italia, richiamando in servizio attivo financo quell’Oscar Luigi Scalfaro, destinatario per quattro anni di seguito di 100 milioni di vecchie lire al mese da parte dei servizi segreti italiani senza che nessuno, nemmeno il Parlamento, abbia mai saputo a cosa servivano? 3) Il Corriere della sera è ormai in fibrillazione perché capisce che se Stefano Ricucci continua a comprare azioni del gruppo Rcs è segno che tra gli attuali azionisti del patto di sindacato c’è qualcuno, o più di uno, pronto ad aprirgli le porte. Allora perché attaccare nuora (la Banca d’Italia) perché suocera intenda (i possibili scalatori del gruppo Rcs), quando il mercato, le cui regole spesso si invocano solo contro gli altri, offre armi a sufficienza per difendere l’attuale assetto azionario? I pattisti che governano il Corriere perché, invece di giurarsi ogni giorno eterna fedeltà, non comprano, tramite lo stesso gruppo Rcs, ulteriori proprie azioni attivando, come si dice in gergo, un buy-back capace di fargli da scudo contro i tentativi degli scalatori? Perché, come ci insegna Pulcinella, tutti vogliono andare in carrozza a sbafo o spendendo il meno possibile: ma questo non è nella logica del mercato che impone, al contrario, a chi vuole difendere la proprietà di società quotate, di mettere mano alla tasca dinanzi a una scalata ostile o di arrendersi senza criminalizzare chi liberamente compra azioni.
Ci pensino, gli amici del Corrierone, e vedranno che quella è la vera risposta, non l’aggressione a 180 gradi a tutti ed a tutto, e in particolare a Fazio. Così facendo ripeteranno gli errori del 1992 da loro stessi, poi, drammaticamente denunciati; 4) le intercettazioni e le loro nefandezze. Ripetere che l’Italia è il Paese più «ascoltato del mondo» è una noiosa ripetizione. Non è un caso che più si intercetta la cosiddetta società civile più proliferano le organizzazioni criminali, come puntualmente accade nel nostro Paese. Ma vorremmo porre a tutti una domanda semplice semplice: se per un momento tutti ascoltassero tutti quante amicizie salterebbero, quanti cattivi pensieri conosceremmo, quanta invidia e quante calunnie scopriremmo? Se ascoltassimo, ad esempio, una telefonata tra due pubblici ministeri o tra un pm e un giudice per le indagini preliminari, o tra un consulente come Guido Rossi e il presidente dell’Abn Amro, o tra due politici di opposti schieramenti, quante cose verrebbero viste in una luce criminogena quando invece altro non sono che parole in libertà dette in conversazioni che si ritengono private? Morale della favola: attenti ad applaudire a questo malcostume perché prima o poi toccherà a ciascuno di noi essere ascoltato, come è capitato ai giudici del Riesame del Tribunale di Napoli. Le intercettazioni devono servire a scoprire atti penalmente illeciti e non a «sputtanare» la gente perché diversamente declineremmo sempre di più verso una corrotta democrazia sudamericana; 5) il primato della politica. Auspicio giustissimo, ma non nel senso di disinteressarsi di ciò che accade nel mercato come sembra voglia dire Mastella quando, proprio sul Corriere, difende il suo compagno di vacanze Diego Della Valle dall’Opa dell’Unipol. Sia chiaro che Mastella ha tutto il diritto di difendere Della Valle e il suo accordo con gli spagnoli, spiegandone le ragioni, così come è nello stesso diritto chi difende, al contrario, l’iniziativa dell’Unipol. Per quanto ci riguarda, il primato della politica consiste nella sua capacità di perseguire l’interesse generale, sollecitando forze sociali ed economiche perché le tutelino al meglio rispettando le regole che ci siamo dati in Italia e in Europa. Il mercato è la garanzia delle libertà personali e collettive, ma è anche vero, e Bertinotti lo dovrebbe sapere, che al suo interno si muovono spesso forze illiberali e tentazioni egemoniche che puntano a rendere i ricchi più ricchi e i poveri più poveri. Sta alla politica e al suo primato denunciare questi fenomeni degenerativi o interessi personali contrabbandati per interessi generali e stimolare altre forze a tutelare questi ultimi. Nel caso della Bnl l’interesse generale del Paese sta, a nostro giudizio, nel lasciare il controllo di quella che fu la banca del Tesoro in mani italiane a condizione, ovviamente, che vi sia un piano industriale all’altezza dei bisogni del mercato. E se queste mani sono quelle dell’Unipol, siano le benvenute, senza parlottare sulle sue possibili amicizie politiche.

Chi è di idea contraria si alzi, lo dica con chiarezza e lo motivi, senza gettare fango su chi la pensa diversamente perché questo è il costume dei mafiosi, che calunniano e isolano prima di ammazzare. E come si sa, si uccide con la lupara, ma anche con le parole.

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