Sanremo - Ma com’è tranquillo questo guascone nascosto dietro i suoi Rayban scuri. Presenta qui, in una saletta del Royal superlusso di Sanremo, il nuovo cd Love revolution che è un’aspirina rock per la sua carriera dolorante e non perde il filo del discorso neanche per un attimo. Parla e fila via veloce, quasi recitasse un mantra imparato a memoria per piacere alla stampa. La politica, naturalmente. «Mi piace quello che dice Obama, nei suoi discorsi si rispecchia l’opinione di molti di noi ma ora bisogna passare ai fatti. L’America ha bisogno di un cambio drastico dopo l’era Bush, uno dei peggiori presidenti della storia». Poi le major discografiche cattivone e affamatrici, da cui però è stipendiato: «Saranno ridimensionate ancor di più». Le radio: «Servono solo a vendere pubblicità».
Lui, intanto, per vendere ancor più copie del suo nuovo album, è arrivato al Festival a esibirsi con il suo singolino che è il perfetto trait d’union tra il vecchio Lenny Kravitz, più barocco, e quello nuovo, molto più immediato. «Dopo il cd Baptism, mi sono trovato davanti a un bivio. Da una parte c’ero io com’ero una volta, dall’altra ero diventato un uomo d’affari. Ho scelto di tornare alle origini e di rimettermi nei panni che vestivo diciannove anni fa, quando ho pubblicato Let love rule». Allora Kravitz era una forza della natura. Newyorchese, nero di pelle e d’animo, sconvolse tutti mescolando l’iradiddio del rock con la tenerezza del soul e i profumi acri, pensierosi del rhythm’n’blues. Divenne un simbolo. E naturalmente aprì le porte della camera da letto. Dire Lenny Kravitz e pensare a un rotocalco era la stessa cosa: amori o amorazzi con Madonna, con Natalie Imbruglia e poi Nicole Kidman, Vanessa Paradis e chissà chi altra, tutte incastonate in uno scintillante rosario che oggi sembra proprio fuori moda. «Sono tre anni che non ho rapporti sessuali» ha detto qualche giorno prima di pubblicare il nuovo cd che, guarda caso, si intitola «Rivoluzione d’amore». «Credo che una rivoluzione sia possibile oggi e che debba essere basata sull’amore reciproco». Per chiarire il concetto fumoso e non proprio originale, Lenny, che è un pezzo d’uomo alto e smagliante alla faccia di una vita molto ma molto vissuta, ha poi ritirato in ballo naturalmente la situazione dell’America, «tornata agli anni Cinquanta». E non si è fatto mancare neppure la censura che avrebbe subito il suo brano I want peace, pubblicato dopo l’inizio della seconda guerra del Golfo. «Dopo un giorno – è stato il verdetto – quella canzone era sparita dalle radio». E poi, per non dimenticar nulla, ha raccontato che il Washington Post, quotidiano vicino alla Casa Bianca, ha immediatamente pubblicato una sua foto di fianco a quella di Saddam Hussein, quasi a dire che il rock sosteneva il regime baathista.
Infine, esaurita la pratica politica, Lenny Kravitz è tornato a essere quello che è, un signor musicista che preferisce «gli strumenti veri» e che a casa possiede una parte della strumentazione originale dei «miei favolosi» Beatles perché per parlare di politica il passato si fa in fretta a dimenticarlo. Ma con il rock non si può proprio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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