Letteratura

"I libri sono importanti, liberiamoli dalle mode Settecolori pubblica dimenticati e ignorati"

Manuel Grillo, figlio del fondatore Pino: "Ma abbiamo in catalogo anche dei Nobel..."

"I libri sono importanti, liberiamoli dalle mode Settecolori pubblica dimenticati e ignorati"

"Mio padre cominciò a fare l'editore quando c'erano ancora i circoli librai, le associazioni, i centri culturali, le librerie alternative, i cineclub, i partiti e le ideologie. Da allora - dice Manuel Grillo - è cambiato tutto e quell'editoria, che allora si sarebbe definita militante, oggi non esiste più. L'unico punto in comune è la passione nel fare i libri. Ce l'aveva mio padre e ce l'ho io".

Pino Grillo fonda Settecolori nel 1978. Oggi, suo figlio riesce a sfidare quei colossi industriali che spesso hanno intimorito le piccole case editrici facendole sentire inadeguate.

"La Settecolori non ha complessi né frustrazioni, tanto meno si sente inadeguata. A ciascuno il suo, è il caso di dire".

E lo fa sul terreno della qualità.

"Pubblichiamo i libri che ci piacerebbe leggere e avendo gusti selettivi ci rivolgiamo a un lettore che non fa parte del mainstream. Ci sono in Italia scrittori dimenticati, penso a Blondin e Montherlant, a Prokosch e Semprún, altri ancora pressoché sconosciuti, come Umbral o Rebatet, e a noi piace riproporli o proporli ex novo... Facciamo una saggistica storica e di letteratura di viaggio, da Wilfred Thesiger a Peter Fleming a Hopkirk, ma abbiamo in catalogo anche premi Nobel come Peter Handke e presto Saint-John Perse".

Il caso di Semprún, poi, è sintomatico.

"La seconda morte di Ramòn Mercader è non solo il suo più bel romanzo, ma anche la più lucida disanima del fallimento dell'ideologia comunista nel '900. Che in Italia non l'avesse ancora tradotto nessuno è un caso di miopia culturale, o di cecità ideologica. Scelga lei".

Allora, tirarsi fuori dal conformismo paga?

"Il libro è una cosa troppo seria e troppo importante per lasciarla nelle mani del conformismo becero come di quello accomodante, dell'usa e getta come del politicamente corretto. Nel nostro piccolo, miriamo in alto. E i risultati ci soddisfano".

Nel conformismo rientrano anche le annuali polemiche sui Premi letterari e quelle per il Salone del Libro di Torino?

"I premi sono una gara dove non sempre vince il migliore. Giudicarli con un criterio moralistico non serve però a nulla. Non sgomitiamo per partecipare. Se ci arriva qualche invito in tal senso lo valutiamo e, se è il caso, partecipiamo. Quanto al Salone, risente nelle sue scelte di vertice del clima ideologico e post-ideologico dominante in Italia ormai da qualche decennio e come tale difficile da modificare. En attendant, ci andiamo con il nostro stand e i nostri titoli".

Come si svolge il lavoro di scouting? E chi decide cosa pubblicare?

"Le scelte sono del direttore editoriale Stenio Solinas. Essendo un uomo libero e senza complessi, né di superiorità né di inferiorità, ascolta i suggerimenti delle persone che stima. Si fida, insomma. Mi sembra che i risultati finora gli abbiano dato ragione".

E quali numeri fate?

"Dieci, dodici libri l'anno, una collana di saggistica, Foglie d'erba, una di narrativa, Il battello ebbro, una terza appena inaugurata di libri d'arte, Altre voci, altre stanze".

Qualcuno ha accostato le vostre copertine a quelle dell'Adelphi...

"Mi sembra un accostamento superficiale. La nostra è una grafica che affonda le sue radici nel design italiano, penso a Mari, e in quello francese, Les Éditions de Minuit, per fare due nomi. In più abbiamo giocato con i pastelli per i colori e con la fascetta per il richiamo di copertina".

Racconti di viaggi, avventure, uomini e autori straordinari. Quale filo lega tutto ciò?

"Il piacere della lettura come antidoto alla fatica di vivere, il gusto della scoperta, della spregiudicatezza, della contaminazione intelligente".

Commenti