Boicotta Passaggio al Bosco, casa editrice identitaria. Boicotta il fascista, davanti alla quale – paradossalmente – si è formata in questi giorni la fila. È tra gli scaffali di Più Libri Più Liberi, la fiera della piccola e media editoria ospitata a Roma, che si consuma quello che molti hanno definito «l’ultimo psicodramma della sinistra». Una sinistra che urla al nazista e poi finge di non vedere le idee radicali, e in parte pure violente, che altri stand espongono senza che nessuno si scandalizzi.
A far scattare le tensioni, dopo l'appello degli 89 intellettuali o presunti tali, sono ovviamente i titoli esposti sulla bancarella. «Che libri state guardando?» chiede l’inviata di Quarta Repubblica a un gruppo di ragazzi. «Quelli fascisti», rispondono. Gli esempi non mancano: La rivolta ideale, Nascita e tramonto del Movimento Sociale Italiano, Il razzismo contro i bianchi. Da qui il flash mob degli antifà, con tanto di immancabile "Bella Ciao" e il coretto "fuori i fascisti dalla fiera": «Per noi la cultura o è antifascista o non è cultura», dicono i manifestanti. «Diffondono idee disumane e criminali. Non credo abbiano diritto di esporre liberamente il lavoro che fanno», ribadisce un altro piccolo editore. Intanto Zerocalcare si è ritirato. Corrado Augias anche. E pure il Comune di Roma non s'è fatto vedere: «Non c’è nessuna censura. Tutti quelli che hanno la possibilità di pubblicare e scrivere lo devono fare liberamente. Altro è un’amministrazione che utilizza risorse pubbliche per sostenere un’iniziativa: può esprimere un malessere se in quell’iniziativa ci sono libri che fanno apologia delle pagine più buie della storia», ha spiegato il sindaco Gualtieri al programma di Porro.
Ma la vera domanda resta: cosa espongono gli altri numerosissimi stand? Solo fiabe e saggi democratici? No. L'inviata di Quarta Repubblica si è fatta un viaggio nella fiera e ha scoperto che, tra bollini antifascisti, mentre alcuni chiedono di bandire editori di destra radicale, altri stand espongono senza problemi prodotti controversi della sinistra. Tra gli scaffali compaiono Il libro rosso di Stalin e c'è pure chi espone magliette con scritte del tipo "Le ragazze vogliono solo avere pistole", “Questa Barbie odia la polizia”, una molotov rosa e una versione armata del celebre Bella Ciao. Una espositrice giustifica così la differenza: «È importante distinguere le due violenze: quella fascista e quella che può essere una violenza di ribellione». Chiaro? La questione si complica ulteriormente con la presenza, in un altro stand, dei Protocolli dei Savi di Sion, il falso storico al centro dell’antisemitismo moderno.
L’intervistatore chiede: «Quindi, come lei vende questo libro, è giusto che anche loro vendano i loro libri?». Un editore risponde citando Berlinguer: «Tutte le idee sono lecite, il fascismo no». Un altro rincara: «Libri come questi fanno parte di un tentativo di normalizzazione del fascismo».