L'Europa è inutile se non interviene

L'Unione europea liquida il caso come una questione bilaterale. Ma così alimenta l'euroscetticismo diffuso

Tre domande da un milione di dollari. A che cosa serve il nuovo mini­stero degli Esteri dell’Unione Euro­pea, istituito dal Trattato di Lisbona, se non interviene in una controversia come quella tra Italia e Brasile sulla estradizione di Cesare Battisti, in cui oltretutto c’è pieno accordo tra le no­stre forze politiche? Perché dovrem­mo contribuire alla creazione di una nuova e costosissima istituzione co­munitaria, se poi, quando abbiamo bi­sogno del s­uo intervento per rafforza­re la pressione su Brasilia, il portavoce di turno- tale Michael Mann- si affret­ta a fare sapere che il caso «è di natura bilaterale», che non c’è margine per una iniziativa della Ue e che comun­q­ue non è al corrente di alcuna iniziati­va italiana presso la Commissione? Che cosa possiamo fare per indurre Bruxelles a cambiare idea, visto che la Farnesina ha definito questa prima presa di posizione «superficiale» e ha preannunciato a breve proprio una iniziativa a livello europeo? Se,dopo la decisione dell’Italia di ri­correre alla Corte internazionale di giustizia dell’Aja e l’annuncio di Berlu­sconi di volere organizzare proprio a Bruxelles una conferenza stampa con Alberto Torregiani per illustrare la vi­cenda ai media internazionali la si­gnora Ashton continuerà a lavarsi le mani del caso, si dimostrerà quello che molti avevano predetto fin dall’ini­zio: l’Unione non è in grado di prende­re alcuna iniziativa che interessi uno o più Paesi membri, se non nei rari casi in cui tutti i ventisette sono d’accordo (e non si rischia di mettere a repenta­glio rapporti con altri importanti Sta­ti). In questa vicenda, tali condizioni non ci sono. Vera o no che sia la rivela­zione di Bruno Berardi, secondo il quale la première dame Carla Bruni in persona avrebbe telefonato a Lula per convincerlo a negare l’estradizio­ne di Battisti, è evidente che le posizio­ni di Parigi e di Roma sono agli antipo­di: la Francia ha dato per anni asilo al terrorista in base alla famigerata dot­trina Mitterrand, lo ha lasciato scappa­re­in Brasile e si è ben guardata dal col­laborare con noi nelle pratiche di estradizione. Conscio di questa situa­zione, il nuovo ministro della giustizia Cardozo si è affrettato a far sapere che «eventuali iniziative europee a soste­gno dell’Italia sul caso Battisti sarebbe­ro viste dal governo brasiliano come una lesione dei rapporti che si costrui­scono tra nazioni in materia di sovra­nità »; in parole povere, che ogni passo di Bruxelles in materia sarebbe consi­derato come un atto ostile. Visti gli enormi interessi economici in gioco, non è una minaccia che la Ue possa prendere alla leggera; e la tentazione di fingere che la decisione di Lula non rappresenta una violazione di un trat­tato tra il Brasile e uno Stato membro (e quindi un problema che la Ue non può ignorare) deve essere senza dub­bio molto forte. Nonostante queste premesse nega­tive, il nostro governo ha ancora qual­che carta da giocare. Probabilmente in molte capitali non è ancora arrivata l’eco della reazione che l’arrogante no di Lula ha suscitato in Italia, e - se adeguatamente sollecitati dallo stes­so Berlusconi o da Frattini, alcuni governi potrebbero unirsi a noi nel fare pressione sulla Ue. Un’altra strada percorribile è quella del Par­lamento di Strasburgo, dove per una volta quasi tutti i deputati italia­ni potrebbero agire all’unisono per convincere i rispettivi gruppi a schierarsi.

Una cosa è certa: al pun­to in cui sono arrivate le cose, l’azio­ne per convincere il Brasile a cam­biare idea deve essere portata fino in fondo; e a Bruxelles devono per­suadersi che se persisteranno in un atteggiamento pilatesco l’euroscet­ticismo, che pure in Italia non è mai stato molto forte, guadagnerà mol­tissimo terreno.

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