da Milano
I sondaggi-tabù, quelli che si fanno ma dei quali non si può parlare, si sono sempre fatti. E anche stavolta i leader dei partiti li hanno commissionati agli istituti di ricerca e li hanno consultati nervosamente fino allultimo.
Ma anche in tema di ricerche riservate, le novità rispetto al 2006 sono rilevanti. Innanzitutto, se due anni fa vennero chiesti soprattutto sondaggi nazionali, in questi giorni quelli di gran moda sono quelli locali, in particolare quelli mirati alle regioni considerate in bilico. Inoltre, con unofferta di simboli elettorali fra i quali i più conosciuti sono quelli di Udc, Lega e Italia dei valori, allinizio della campagna elettorale cè stata la necessità di verificare la riconoscibilità dei loghi nuovi di zecca come quelli di Pdl, Pd, Sinistra arcobaleno e La Destra. E infine, tutto è più complicato dal fatto che rispetto a due anni fa ci sono meno simboli ma le opzioni politiche sono aumentate.
Lo dicono gli esperti delle società di ricerca che lavorano con destra, sinistra e centro come Ipsos e Ipr; e anche quelli di Swg, che invece da ormai una quindicina danni ha come clienti privilegiati i partiti del centrosinistra.
Le regioni in bilico? Antonio Noto, responsabile di Ipr (la società che dal 2006 ha realizzato per Repubblica.it la rilevazione mensile sulla fiducia degli italiani verso il governo e lopposizione) preferisce non rispondere. «Liguria, Lazio, Abruzzo, Calabria e Sardegna» dice Nando Pagnoncelli di Ipsos. «Durante la campagna elettorale - spiega - abbiamo lavorato con sei o sette partiti e a tutti abbiamo fornito il nostro Polimetro, che è un sondaggio settimanale che misura le intenzioni di voto e il giudizio su governo e opposizione e prevede alcune domande sul clima sociale ed economico». Nessuna ricerca ad hoc? «Certo, ne abbiamo fatte - risponde Pagnoncelli - ma rispetto allultima volta la campagna elettorale è stata molto più breve. I partiti non hanno avuto il tempo di sondare in profondità gli umori dellelettorato sui vari temi».
Insomma, per le proposte e le suggestioni da lanciare nei manifesti, nei comizi e in tv si sono dovuti affidare alle «antenne» dei loro apparati e al fiuto dei loro leader. E secondo lei come è andata? «Nel Paese prevale lo scetticismo - risponde Pagnoncelli - e credo che le proposte spot producano meno effetto di prima».
Sostanzialmente daccordo Noto, convinto che «negli ultimissimi giorni spostano più voti i messaggi emotivi che le proposte programmatiche». «Abbiamo lavorato con Pdl, Pd e Sinistra arcobaleno - dice Noto - e abbiamo verificato che i sondaggi indifferenziati sulle intenzioni di voto sono poco interessanti perché il 20-30% degli intervistati che dicono che voteranno per un partito dicono anche che non sono sicuri che il giorno delle elezioni voteranno davvero per quello che hanno indicato». E allora? «Abbiamo effettuato soprattutto rilevazioni sullelettorato contiguo per definire i profili delle categorie socioeconomiche che lo compongono», spiega il responsabile di Ipr, che aggiunge: «Ma abbiamo condotto anche sondaggi sulle regioni considerate in bilico, molti di più che nel 2006, quando pochissimi immaginavano che al Senato lesito in una regione piccola come lAbruzzo avrebbe potuto vanificare il risultato nazionale della Camera».
Sondaggi locali sui quali si è cimentata anche la Swg, che come vuole la tradizione ha svolto ricerche solo per il Pd. «Non per una scelta politica - dice Maurizio Pessato - ma per ragioni deontologiche. Si è creata una confidenza consulenziale che impone obblighi di riservatezza che riteniamo giusto rispettare, come del resto facciamo anche per gli altri nostri clienti come aziende e banche».
E stavolta? No comment.
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