La lezione ambrosiana del cardinale

Dalla chiesa ambrosiana arriva una lezione per la comunità milanese. Un'altra, giacché dai tempi di Ambrogio i pastori della diocesi più grande mondo - cinque milioni di fedeli (teorici), dal Canton Ticino al Lodigiano, dal Novarese alla Bergamasca - certo non hanno lesinato indicazioni, orientamenti ed esortazioni. Ma quella annunciata dal cardinale Tettamanzi, a conclusione di un percorso iniziato 13 anni fa, è una lezione oggi particolarmente importante. Almeno nel metodo. I cambiamenti portati alle letture, alla Messa e alla liturgia del rito ambrosiano in realtà sono, più che una riforma, il recupero della tradizione più originale: la chiesa di Milano torna, insomma, un po' più ambrosiana. È un richiamo all'originalità e alle radici che arriva proprio mentre tanto si parla di identità, tema che ha assunto un'enfasi crescente man mano che fenomeni come il localismo da un lato e l'immigrazione dall'altra diventavano sempre più appariscenti, talvolta conflittuali, spesso inquietanti. La lezione di metodo (non so quanto inconsapevole) della Chiesa ambrosiana indica nelle tradizioni più vive, nella storia e nella cultura di una comunità l'unico percorso per gestire queste crisi di identità. In altre parole, Milano ritrovi se stessa guardandosi dentro, riscoprendo la propria storia e la propria cultura: Ambrogio, i Longobardi, il Comune, i Visconti e gli Sforza, i Borromeo, l'illuminismo, le Cinque giornate che celebriamo proprio oggi...

Ecco cos'è l'identità. E siccome milanesi non si nasce ma si diventa, gli immigrati potranno diventare i nuovi milanesi solo facendo proprie e condividendo anche questa storia e questa cultura. Sta a noi aiutarli in questo processo.

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