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«La lezione non l’hanno ancora capita»

Ora Paolo Rossi è in vacanza, fu il personaggio più noto coinvolto nello scandalo dell’80, da centravanti del Perugia.
«Ho seguito poco questa vicenda – racconta l’ex azzurro commentatore di Sky, 55 anni -, si spera sempre che certi fatti insegnino e non si ripetano, per il bene dello sport italiano».
Eppure alcune condanne si verificarono anche nel 2004.
«Magari gli artefici sono pochi, gli episodi limitati, però è fastidioso che si ripetano a distanza di anni. Qualcosa non va bene».
Ora radiazione per sette, compreso Signori: Pablito fu squalificato tre anni, poi ridotti a due.
«La mia situazione non è paragonabile. Ero al top della carriera, Beppe ha smesso nel 2006, gli auguro di uscire pulito».
Anche lei si è sempre proclamato innocente.
«Sono a posto con la coscienza, ho vissuto sereno anche da squalificato. Senza rimorsi. Certo quel biennio di inattività fu iniquo».
Compensato dal mondiale vinto in Spagna.
«Non c’entra nulla, la vicenda è totalmente disguinta, anche se il titolo di capocannoniere cancellò di colpo ogni dubbio. Diventai il calciatore più amato, magari però non tutti si sono convinti della mia probità».
All’epoca l’unico concorso a pronostici era il totocalcio, oggi si scommette su tutto, ma i tesserati devono astenersi.
«Si respingono le tentazioni con la buona educazione e valori bene impressi. Ciascun professionista sa cosa è lecito fare».
In Lega Pro le tentazioni sono superiori, considerati gli stipendi più contenuti.
«Un atleta è attorniato da tante persone, può giocarsi 10 euro come due milioni. È il principio da salvaguardare, anche nella categoria minore o dilettantistica: devono prevalere dignità e lealtà, in questo senso Champions League e Prima Divisione sono la stessa cosa».
E il pubblico rischia di disamorarsi.
«Fanno gola le scorciatoie, per alterare i risultati, dobbiamo alimentare una cultura diversa. La stragrande maggioranza dei tesserati è per bene, qualche mela marcia si trova ovunque.

Quando poi esce la verità, dimostra che davvero le bugie hanno le gambe corte».

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